Le banche e i governi

Sottotitolo: 
Le banche sono diventate i controllori della politica economica dei paesi, a cui viene negata la libertà di realizzare politiche economiche capaci di  evitare una deflazione molto pesante per gli strati più poveri della popolazione.
Con la totale libertà di movimento dei capitali, le grandi banche sono diventate gli arbitri  indiscussi dell’economia mondiale. Esse ne hanno approfittato per spostare capitali rilevanti verso paesi poveri e abbondanti di forza lavoro e/o di materie prime, dando così origine alla fase attuale della globalizzazione. La funzione principale delle grandi banche  non è più quella pura e semplice di finanziare la produzione e i suoi creatori, gli  imprenditori, come aveva teorizzato Shumpeter.

Oggi, la funzioni principali sono di spostare capitali dove il tasso di profitto appare più alto, e quella di creare strumenti sempre nuovi di scambio indipendentemente dalla loro utilità per l’economia reale dei paesi interessati. Quest’ultima funzione, la più lucrativa, è quella che maggiormente li interessa. Superata, almeno in parte, la grande crisi, dovuta principalmente allo sviluppo straordinario di quest’ultima funzione, esse sono ritornate ad essa, che è la loro principale fonte di arricchimento. Infine, la quarta funzione è di prestare denari agli Stati, che non è una novità, ma assume nella situazione attuale un aspetto di grande importanza. Essa fa delle banche i controllori della politica economica dei paesi, a cui viene negata la libertà di realizzare politiche economiche di spesa capaci di ridurre la diseguaglianza fra cittadini, o anche solamente di evitare una deflazione molto pesante per gli strati più poveri della popolazione.

Regolare le banche è difficile, ma è strettamente necessario, da un lato proprio a causa del loro potere, di cui non rispondono a nessuno, e, dall’altro, perché si sono dimostrate incapaci di prevedere i risultati della loro attività. La pressione fiscale sulle banche è molto blanda, e dovrebbe aumentare sostanzialmente; e una tassa speciale dovrebbe essere istituita sui bonuses di fine anno, che evidenziano l’esistenza di un sovra profitto, eminentemente tassabile. 

Una domanda sostenuta e stabile nel lungo termine, che dovrebbe essere il risultato di una “saggia politica di bilancio”é una chimera in qualunque tipo di economia. La spesa pubblica è un elemento fondamentale per lo sviluppo dell’economia. Essa aumenta        l’offerta di servizi pubblici, e la domanda di beni e servizi da parte dei consumatori. In molti paesi europei, la spesa pubblica è anche un’importante fonte di investimento industriale, soprattutto nelle industrie chiave, come ad esempio, l’energia, e le grandi infrastrutture. Non c’e’ nessuna ragione di aspettarsi che l’investimento privato s’impegni in progetti di grande rilievo, con una remunerazione a lungo termine. La riduzione del ruolo della spesa pubblica riduce quindi la domanda dei consumatori, e l’investimento nelle infrastrutture. Il che porta non solo a una riduzione del tasso di sviluppo economico – che in paesi già ricchi potrebbe anche non essere un grave danno- ma anche a un aumento della diseguaglianza fra cittadini, dato il ruolo calante del servizio pubblico, che finisce per frantumare la società in gruppi sempre più distanti fra loro. E’ chiaro che un livello alto della spesa pubblica può portare, e di solito porta, a un indebitamento dello Stato, il che non sarebbe poi tanto grave se gli Stati s’indebitassero soprattutto, o esclusivamente, verso i loro cittadini.
 
Il fenomeno più preoccupante è proprio il fatto che la struttura dell’Europa Unita sembra rimasta il principale bastione del “Washington consensus”; e perciò si scontra con i governi che, dovendo rispondere agli elettori, non possono permettersi di rischiare la deflazione dell’economia. Ciò è dovuto al fatto che, appunto, la struttura dell’Europa Unita non è democratica e non risponde a nessuno, certo non agli elettori. L’Europa ha quindi una sola strada da battere nel prossimo futuro: quella di portare la struttura europea al controllo dei cittadini, aumentando fortemente il potere del Parlamento Europeo, ma nello stesso tempo aumentando la capacità decisionale della struttura stessa. Può sembrare un discorso  astratto, ma questa sembra in realtà l’unica strada percorribile per non perdere ciò che ha fatto dell’Europa un’area di prosperità e un fattore chiave nell’economia mondiale.
 
Il fatto che un’economia delle dimensioni di quella degli Stati Uniti non “ si possa permettere” una medicina sociale generalizzata e una decente scuola pubblica è un paradosso, dovuto al fatto che in quel paese la gente sembra credere che lo Stato non debba aiutare il cittadino povero, ma solo quello ricco e, soprattutto, le grandi imprese e le grandi banche. La crisi del debito, legata all’edilizia, e alle carte di credito, ha mostrato quanto il debito sia un’assoluta necessità del cittadino medio americano, che si deve pagare i servizi essenziali, molto più cari che in Europa. Ma gli Stati Uniti d’America sono un paese dominato da un’ideologia tagliata su misura perché lo Stato protegga coloro che non hanno bisogno di essere protetti. 
Marcello Colitti

Economist. He was President of Enichem. His last book is "Etica e politica di Baruch Spinoza". Member of the Editorial Board of Insight