Per l’Unione Eruropea è iniziato un periodo difficile a seguito della decisione di Trump d’imporre dazi alle importazioni dall’Europa. Una misura che penalizza particolarmente il Mezzogiorno.
Dazi e mercato
14. IL MERIDIONE NELL’ERA DI TRUMP
di Mario Rusciano
Dobbiamo abituarci a capire i nessi tra vicende geopolitiche e ripercussioni sul destino del Paese, specie del nostro Sud. Semplice la domanda di fondo: quanto i recenti sgradevoli atteggiamenti di Trump incideranno sul Mezzogiorno d’Italia? Le prospettive non sono rosee. Fin dai primi annunci nell’agguerrita campagna elettorale americana era prevedibile che, se Donald Trump fosse diventato Presidente di quella grande democrazia, il mondo intero non sarebbe stato più quello di prima.
Lo scossone geopolitico più pesante l’hanno per ora subito soprattutto gl’idilliaci storici rapporti tra Stati Uniti e Unione Europea. Per l’UE è iniziato un periodo difficile a seguito della decisione di Trump d’imporre dazi alle importazioni dall’Europa. Una misura che penalizza fortemente il nostro Mezzogiorno, le cui industrie manifatturiere, di diversa dimensione, esportano i loro prodotti in larga misura negli USA. Inoltre, i dazi messi da Trump sulle auto europee certamente si ripercuoteranno anche sugli stabilimenti Stellantis del Sud con grave pregiudizio sull’occupazione e sui salari (per cui lo sciopero dei metalmeccanici venerdì scorso).
Del resto, con tempestiva coerenza e senza tanti complimenti, Trump ha apertamente accusato gli europei d’essere “parassiti”. Hanno infatti sempre approfittato della troppo generosa amicizia degli USA, specie quanto alle spese della difesa militare affidata alla NATO, della quale essi sostengono gli oneri maggiori. Cosa non più tollerabile, sicché i Paesi europei sono stati sgarbatamente invitati ad aumentare le spese della difesa nell’ambito della NATO, alla quale peraltro lo stesso Trump non pare dare importanza.
E’ inutile dire che s’è ben guardato dal ricordare gli enormi guadagni e vantaggi, diretti e indiretti, ottenuti dagli USA in quel contesto mondiale – da lui adesso sovvertito – basato sulla salda alleanza dell’Occidente capitalistico e liberal-democratico, ma sempre con l’indiscusso dominio degli Stati Uniti d’America: tanto sul piano politico ed economico-finanziario quanto sul piano culturale.
La risposta europea a questo atteggiamento tutt’altro che amichevole di Trump non poteva mancare. Ecco anzitutto i dazi europei, quale contromisura nella logica della reciprocità, che comunque faranno male sia agli USA sia all’Europa sia all’economia mondiale. Inoltre la Presidente UE Ursula von der Lajen ha presentato al Parlamento la proposta definita del Rearm Europe, ottenendone l’approvazione dopo un travagliato percorso procedurale e con una maggioranza a dir poco ambigua.
Basti solo pensare che le forze politiche italiane nel Parlamento Europeo si sono divise in modo bizzarro: chi per questione di principio, chi per l’amicizia con Putin, chi per l’amicizia con Trump. E così la Lega ha votato “no” assieme al M5S; FdI s’è astenuta; come pure, chissà perché, il PD. Il quale però, anche stavolta, s’è diviso al suo interno: anziché astenersi seguendo la Segreteria, alcuni parlamentari dem hanno votato “no” assieme al M5S, alla Lega e all’Alleanza Verdi e Sinistra. Favorevoli invece i socialisti europei e i popolari di cui fa parte Forza Italia.
L’ambiguità sull’iniziativa europea s’è trasferita in Italia, dove le medesime forze politiche hanno trasversalmente condiviso o criticato il “riarmo”. I critici l’hanno considerato un atteggiamento di per sé guerrafondaio, rivolto ora verso la Russia. La quale continua a bombardare l’Ucraina, paese aggredito e perciò difeso e aiutato dall’UE ormai da tre anni.
La diatriba, non solo italiana, è talmente confusa che – tra Paesi “nazionalisti e sovranisti” da un lato e Paesi “europeisti” dall’altro – non si capisce “se”, “come” e “quando” s’arriverà a creare un vero sistema di “difesa comune europea”. Indispensabile dopo la sostanziale rottura dell’alleanza occidentale fatta dagli USA. Anzi, oltre alla difesa, l’UE deve costruire tempestivamente un grande progetto d’autonomia dagli USA in più settori: dall’economia alla finanza; dalla cultura all’arte ecc.
Intanto però per il Mezzogiorno d’Italia non è indifferente la scelta tra “riarmo di singoli Paesi” e “difesa comune” dell’UE. Nel primo caso infatti c’è il rischio che il riarmo vada a toccare quei “fondi per la coesione”, la cui priorità è la riduzione dei divari territoriali. Perciò giustamente SVIMEZ insiste sulla necessità di contrastare che il piano Rearm Eu utilizzi le risorse della coesione, i cui obiettivi sono l’inclusione economica, sociale e territoriale, pilastro costitutivo dell’Unione Europea e vitale per il Mezzogiorno. Comunque, non c’illudiamo, il cammino sarà lungo e in salita: per tutti, ma per il Sud con molto più affanno.
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(Editpriale del Corriere del MNezzogiorno, 30 marzo 2025).