Un nesso stretto tra malcontento di giovani studiosi e loro emigrazione al Nord o all’estero.
Editoriale del Corriere del Mezzogiorno, domenica 16 marzo 2025, pp. 1 e 13]
Disoccupazione giovanile
12. QUEI TALENTI INTELLETTUALI SENZA LAVORO
Il Mezzogiorno balza in primo piano se si parla di lavoro dei giovani. Peccato che se ne parli genericamente trascurando le cause dell’alta disoccupazione giovanile al Sud. Una in particolare: la disoccupazione di giovani talenti “intellettuali” (brillanti laureati e addottorati; diplomati nei Conservatori; diplomati nelle Accademie artistiche).
Su cui un’importante riflessione: scontata la mancanza di lavoro, produce anche la forte spinta alla cosiddetta “fuga dei cervelli”. Stranamente ci si limita a costatare un fenomeno inarrestabile. Ci si lamenta cioè che troppi giovani di talento, appena possono, abbandonano il Sud e impoveriscono i nostri territori. Nessuno sa come frenare un fenomeno dagli effetti dirompenti: come, per esempio, l’impossibilità di formare qui una classe dirigente preparata ed efficiente (politica, amministrativa, aziendale).
Da tempo – e di questo passo la situazione difficilmente cambierà – si dice che al Sud manca una classe dirigente degna di questo nome. E se ne addossa la responsabilità agli stessi cittadini del Sud: secondo la Lega-Nord, sono incapaci di autogovernarsi; lo impareranno solo grazie alla legge Calderoli sull’autonomia regionale differenziata. Legge “carsica”: sotterrata dalla parziale incostituzionalità, in un modo o nell’altro riemergerà. Ma se vanno via i giovani talenti, a chi destineremo la formazione?
Comunque, mentre impariamo dalla Lega-Nord ad autogovernarci, dovremmo capire come risolvere un problema per il quale è difficile la soluzione d’invertire la tendenza. E’ consuetudine della borghesia meridionale medio-alta mandare i figli a studiare al Nord. Così al Sud hanno più difficoltà a trovare lavoro stabile giovani laureati (magari dottori di ricerca), diplomati dei Conservatori e artisti dell’Accademia che diplomati dell’Istituto alberghiero, che ritengono provvidenziale il boom del turismo. Sempre che duri nel tempo e in forma più organizzata e razionale.
Purtroppo esiste un nesso stretto tra malcontento di giovani studiosi e loro emigrazione al Nord o all’estero. Tra l’altro, mentre un tempo scappavano dopo la laurea per mancanza al Sud di occasioni di lavoro adeguate alle loro aspirazioni professionali – qualità del lavoro e dell’ambiente; proporzionalità retributiva – da un po’ di tempo scappano addirittura dopo la maturità per iscriversi ai corsi di laurea delle Università del Nord – d’Italia o d’Europa – dove si studia e si vive meglio ed esistono maggiori occasioni di lavoro appagante.
Del resto non è un caso che nella recente classifica mondiale delle Università – pubblicata dalla “Qs World University Rankings” – quelle del Mezzogiorno siano collocate tutte fuori della “top ten” in cui entrano sette Università italiane: da Roma in su (Gianna Fragonara, Corriere della Sera, giovedì 13 p. 21). Ovviamente occorre differenziare tra Dipartimenti e tra discipline (umanistiche, tecniche, sanitarie ecc.): rilevante infatti è il buon piazzamento di qualche Dipartimento del Sud, specie dell’Ateneo Federico II. Sarebbe comunque interessante al riguardo, per pura curiosità, un’indagine analitica sull’apporto di giovani emigrati dal Mezzogiorno all’ampio successo delle Università del Nord.
Perciò ricordiamo alla Ministra dell’Università e Ricerca Annamaria Bernini che centinaia di giovani brillanti – ben formati dopo l’abbondanza delle “borse di dottorato” bandite grazie al Pnrr – hanno conseguito il titolo, spesso anche con pubblicazioni scientifiche, e ora ignorano il loro destino. Ella annuncia l’istituzione d’un nuovo “contratto di ricerca”: ben venga pur non conoscendone ancora i tratti. Esistono però anche centinaia di “ricercatori a tempo determinato” che aspettano d’essere valutati per entrare in carriera.i Vi sono inoltre giovani (che stanno invecchiando), provvisti addirittura dell’abilitazione nazionale a professore associato o ordinario, che aspettano d’essere chiamati, ma le Università del Sud non hanno i soldi per assumerli: aspetteranno anni.
Torniamo allora a sottolineare l’irrazionalità di prevedere tantissime abilitazioni mentre sono pochissimi i posti disponibili. Ecco allora qualche suggerimento alla Ministra Bernini: se vuole che disoccupazione e precariato non diventino i tratti dominanti del “lavoro intellettuale” al Sud, si possono fare un paio di cose concrete. La prima: aumentare il finanziamento a Università, Conservatori e Accademie del Sud: sotto il controllo dei fabbisogni da parte dello stesso Ministero, ma nel rispetto dell’autonomia costituzionale d’Università e Ricerca.
La seconda: individuare percorsi adeguati nel mercato del lavoro intellettuale, da organizzare da zero secondo criteri plausibili basati sull’esperienza. Si bloccherà l’emigrazione dei cervelli dal Sud? Difficile crederlo, ma almeno se ne ridurrà l’esodo di massa.
(Corriere del Mezzogiorno, 16 marzo 2025)