Ricchezza, benessere e cambiamento
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Pubblchiamo la traduzione di un estratto dall'ultimo libro di Tony Judt. Insight intende rendere omaggio a uno degli intellettuali più influenti a cavallo del secolo, scomparso nel mese di agosto. (Ill Fares the Land), il cui titolo potrebbe essere tradotto con “ Male vive la terra...” dettato dall’autore sotto il peso della sua gravissima malattia, e’ una riflessione sulla crisi della politica. Le societa’ sono complesse- egli sostiene-, ed accolgono interessi contrastanti ; negare le distinzioni di classe o di ricchezza, o di influenza e’ giusto un modo di appoggiare un certo interesse a scapito degli altri. La maggior parte dei critici della nostra attuale condizione parte dalle istituzioni. Guardano la Parlamento, al Senato, ai Presidenti, alle elezioni, o ai gruppi di pressione, e indicano il modo in cui queste si sono degradate o hanno abusato delle fiducia e dell’autorità che era loro stata conferita. Qualunque riforma, essi concludono, deve partire da li’. Abbiamo bisogno di nuove leggi , di sistemi elettorali diversi, di porre un freno ai gruppi di pressione ed al finanziamento della politica: abbiamo bisogno di dare piu’ (o meno) autorita’ al potere esecutivo , ed abbiamo bisogno di trovate il modo di far si’ che i responsabili, eletti o non eletti, siano attenti e rispondano alla loro base elettorale , ed ai loro finanziatori, cioe’ a noi. Tutto cio’ e’ vero. Ma di questi cambiamenti si e’ parlato per decenni. Dovrebbe ormai essere chiaro che la ragione perche’ essi non si sono realizzati, oppure non hanno funzionato , e’ che essi sono stati concepiti , disegnati e realizzati dalle stesse persone che sono responsabili per il dilemma. Serve a poco chiedere che gli Stati Uniti riformino i loro accordi sui gruppi di pressione, come Upton Sinclair scrisse - e rimase famoso- un secolo fa . “ E’ difficile far si’ che un uomo capisca qualcosa quando il suo salario dipende dal non capirla.” Per la stessa ragione , i Parlamenti di quasi tutti i paesi Europei - oggi considerati con un senso di noia o di disprezzo- non sono in grado di trovare al loro interno i mezzi per ritornare ad essere rilevanti. Dobbiamo cominciare da qualcos’altro. Perche’ nei tre decenni passati, e’ stato cosi’ facile per chi era al potere , convincere il loro elettorato della saggezza, o comunque, della necessita’, delle politiche che essi volevano seguire? Perche’ non si e’ mai vista una possibile alternativa coerente. Anche quando vi sono importanti differenze politiche fra i maggiori partiti politici , queste sono presentate come diverse versioni dello stesso obbiettivo. E’ diventato comune affermare che vogliamo tutti la stessa cosa , e che vi sono giusto delle piccole differenze nel modo di realizzarle. Ma questo e’ semplicemente falso. I ricchi non vogliono le stesse cose dei poveri. Quelli che dipendono per vivere dal loro lavoro non vogliono la stessa cosa di coloro che vivono di investimenti e dividendi. Quelli che non hanno bisogno di servizi pubblici - perche ‘ possono comperare privatamente trasporti educazione e protezione – non cercano le stesse cose di coloro che dipendono esclusivamente dal servizio pubblico. Coloro che traggono vantaggio dalla guerra - o per i contratti della Difesa, o per ragioni ideologiche- hanno obiettivi diversi da coloro che sono contro la guerra. Le societa’ sono complesse e contengono interessi contrapposti. Dire il contrario- negare le distinzioni di classe, di ricchezza o di influenza sociale- e’ giusto un modo di sostenere un gruppo di interessi invece di un altro. Un tempo questa affermazione era evidente di per se’ , oggi ci incoraggiano a negarla come un mezzo per fomentare alla violenza l’odio di classe. Allo stesso modo, ci incoraggiano a perseguire obiettivi economici nel proprio interesse, ad esclusione di ogni altra cosa- e , certo, vi sono molti che ne possono trarre vantaggio . Tuttavia, i mercati hanno la naturale tendenza di favorire i bisogni ed i desideri che si trattano con criteri commerciali , e si misurano con strumenti economici. Se si puo’ vendere o comperare, la cosa e’ quantificabile e noi possiamo stimare il suo contributo alla misurazione ( quantitativa) del benessere collettivo. Ma cosa dire di quei beni che gli uomini hanno sempre considerato e che non si possono quantificare? Che dire del benessere? Che dire della correttezza nei rapporti sociali , o dell’equita’ ( nel suo significato originario)? Cosa dire dell’esclusione sociale , delle opportunita’ o della loro assenza, o di una speranza perduta? Queste considerazioni sono molto piu’importanti per la maggior parte della gente che il tasso aggregato, o anche individuale, di profitto e di crescita . Per esempio, l’umiliazione : cosa dire se la trattiamo come un costo economico, un peso per la societa’? Che succede se decidiamo di “quantificare” il male che viene fatto quando la gente dev’essere esposta alla vergogna dei suoi concittadini come condizione per ottenere cio’ che e’ strettamente necessario alla vita? In altre parole, che succede se includiamo nelle nostre stime di produttività’ , efficienza o benessere, la differenza fra un sussidio umiliante e un beneficio che viene da un diritto? Possiamo concludere che l’offerta di servizi sociali per tutti , pubblica assicurazione sulla salute, o trasporti pubblici sussidiati sono in effetti un modo efficace e poco costoso per raggiungere il nostro obiettivo comune. Posso accettare che questo esercizio sia discutibile : come quantificare l’umiliazione? Come misurare il costo di negare ai cittadini isolati l’accesso alle risorse delle citta’? Quanto siamo disponibili a pagare per una buona società? Anche la “ricchezza” chiede una ridefinizione. Tanti sostengono che una tassazione fortemente progressiva o una redistribuzione economica distruggono ricchezza. Queste politiche indubbiamente colpiscono le risorse di qualcuno a beneficio di altri , per quando il modo di tagliare la torta non e’ strettamente legato alla sua dimensione. Se ridistribuire la ricchezza materiale ha degli effetti di lungo termine , come migliorare la salute dei cittadini , ridurre le tensioni sociali che nascono dall’invidia , o aumentare e dare a tutti l’accesso a servizi prima disponibili solo a pochi, non equivale questo a dire che il paese e’ piu’ ricco di prima? Un lettore puo’ osservare che io sto usando la parola “ricchezza” in modo che la portano ben al di la’ , del suo significato corrente , strettamente materiale. Compiere questo su di una scala molto ampia - per ritornare allla nostra conversazione pubblica- mi sembra l’unico modo realistico di cominciare a cambiare qualcosa. Se non parliamo in un modo diverso , non penseremo mai diversamente . Questo modo di concepire un mutamento politico ha dei precedenti. Nel tardo 18mo secolo, in Francia,mentre il vecchio regime vacillava, gli sviluppi piu’ significativi della scena politica avvennero non nei movimenti di protesta o nelle istituzione statali che cercavano di batterli. Avvennero , invece proprio nella lingua. Giornalisti e scrittori , ed anche qualche amministratore o prete dissenziente , forgiavano dal vecchio linguaggio di giustizia e di diritti popolari una nuova retorica di azione pubblica. Incapaci di confrontare direttamente la monarchia, essi cominciarono a toglierle legittimita’ esprimendo delle obiezioni al modo in cui stavano le cose, e posizionando fonti alternative di autorità in cui il “popolo” poteva credere. In effetti, essi inventarono la politica moderna : e cosi’ facendo screditarono letteralmente ogni cosa che era avvenuta prima. Quando la Rivoluzione vera e proprio comincio’ il nuovo linguaggio della politica era chiaramente definito : se non lo fosse stato, gli stessi rivoluzionari non avrebbero potuto descrivere quello che stavano facendo. In principio era il verbo. Oggi, ci incoraggiano a credere nell’idea che la politica riflette le nostre opinioni, e ci aiuta a creare uno spazio pubblico condiviso. I politici parlano e noi rispondiamo- con i nostri voti. Ma la realta’ e’ diversa. Una buona porzione della gente non si sente di esser parte di una conversazione significativa . Viene loro detto cosa pensare e come pensarlo. Si fa quindi in modo che si sentano inadeguati ogni volta si passa a problemi di dettaglio ; quanto agli obiettivi generali, essi sono incoraggiati a credere che essi siano stati gia’ determinati da tempo . L’effetto perverso della soppressione di un dibattito genuino e’ ben visibile intorno a noi. Oggi, negli Stati Uniti, riunioni locali e i famosi “tea parties” copiano e facendo in realta’ una parodia degli originali del 18m secolo. Invece di aprire il dibattito, lo chiudono . I demagoghi dicono alla gente cosa deve pensare ; e quando le loro frasi echeggiano indietro verso di loro, essi annunciano coraggiosamente che stano semplicemente riportando il sentimento popolare. In Inghilterra, la televisione e’ stata usata in modo straordinariamente efficace come valvola di scarico per lo scontento populista: i politici professionali oggi dichiarano di ascoltare la voce del popolo nella forma di voti telefonici istantanei e di inchieste sulla popolarita’ di ogni cosa , dalle politiche sull’immigrazione alla pedofilia. Rinviando su Twitter ai loro ascoltatori le loro paure e pregiudizi, si sentono sollevati dal peso della leadership, ed anche dell’iniziativa. Intanto, dall’altra parte del Canale, nella Francia repubblicana o nella tollerante Olanda finti dibattiti sull’identita’ nazionale e sui criteri per la concessione della cittadinanza, fungono da sostituti per il coraggio politico che sarebbe necessario per affrontare i pregiudizi popolari e la sfida dell’immigrazione. Anche qui sembra che stia avvenendo una “conversazione”. Ma i termini di riferimento sono stato attentamente predeterminati ; la loro funzione non e’ di incoraggiare l’espressione di visioni contrastanti, ma di sopprimerle. Piuttosto che facilitare la partecipazione pubblica e diminuire l’alienazione fra i cittadini , queste “conversazioni” semplicemente aggiungono alla diffusissima antipatia per la politica ed i politici. In una moderna democrazia e’ possibile imbrogliare gran parte del popolo per la maggior parte del tempo: ma ad un prezzo. Abbiamo bisogno di riaprire un diverso tipo di conversazione. Abbiamo bisogno di riconquistare la fiducia nei nostri istinti: se una politica o un’azione o una decisione sembra in qualche modo sbagliata , dobbiamo trovare le parole per dirlo. Secondo le opinion polls la maggior parte della gente in Inghilterra teme che la disordinata privatizzazione di beni comuni ormai familiari: gas ed elettricita’, la metropolitana di Londra, il servizio locale di autobus, l’ospedale regionale , per non citare le case per la vecchiaia, i servizi di assistenza e simili. Ma, quando a loro vien detto che lo scopo della privatizzazione e’ stato di risparmiare denaro pubblico e migliorare l’efficienza, loro non rispondono : chi potrebbe non essere d’accordo? (Traduzione in italiano a cura della Redazione) Tony Judt
Professor Tony Judt (1948-2010),historian and contributor to US and european journals,tought at Cambridge, Oxford, Berkley and New York University. |