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L'OPEC manca di strumenti sufficienti per il controllo del prezzo del petrolio, ma l'Arabia Saudita potrebbe assumere una funzione di contrasto alla speculazione dei "futures", vendendo sul mercato il proprio petrolio come i governi vendono all'asta i propri bond.
La situazione economica peggiora e tutti si aspettano prezzi alti e crescenti per l’energia e le derrate alimentari , un doppio colpo per un’economia ancora molto debole, uno shock le cui ripercussioni politiche potranno essere molto serie. Non e’ sorprendente, quindi, che il cruciale problema del prezzo del petrolio sia di nuovo discusso in profondita’ , abbandonando concetti ormai superati. Fra le varie dichiarazioni di buone intenzioni , spicca una proposta abbastanza ben elaborata per poter essere presa sul serio, e di certo capace di suscitare una discussione utile. La proposta e’ stata presentata da Giacomo Luciani , un economista italiano con una lunga esperienza del Medio Oriente e nell’industria petrolifera (("From Price Taker to Price Maker? Saudi Arabia and the World Oil Market" http://relooney.info/0_New_9627.pdf).
Nelle sue linee generali, la proposta e’ molto semplice , e non richiede che tutto il mondo partecipi a degli accordi globali, che sono difficili, se non impossibili. Il paese con le maggiori riserve di petrolio e la maggiore produzione, dovrebbe vendere il suo petrolio direttamente , in modo da rendere il prezzo del petrolio il piu’ possibile libero dall’influenza della speculazione finanziaria.
La proposta comincia con un’analisi breve , ma approfondita, della situazione attuale, dominata dalla forte volatilita’ del prezzo del greggio dovuta ad una serie di ragioni . In primo luogo, l’OPEC non ha mai adottato una strategia di lungo termine su come fissare il prezzo del petrolio, e ha dovuto ricadere su di un sistema di prezzi di riferimento. Cio’ vuol dire che il greggio OPEC non e’ commerciabile (dopo l’acquisto, non puo’ essere rivenduto) e quindi deve essere venduto sulla base di quotazioni di greggi commerciabili , come il Brent o il West Texas Intermediate, che sono prodotti in quantita’ insufficiente a svolgere quella funzione. Cio’ ha creato i mercato dei futuri , la cui natura speculativa e’ spesso considerata come la principale causa della volatilita’.
In secondo luogo, l’attuale mercato risponde a cambiamenti della bilancia fra domanda ed offerta in modo debole, e troppo lentamente. Ne deriva la volatilita’: il che significa l’ impossibilita’ di definire un trend del prezzo e quindi di preparare previsioni ragionevoli. Oggi , dopo gli shock del 2007 e 2009 si va delineando un consenso politico sulla necessita’ di ridurre la volatilita’ e di accordarsi su livelli di prezzi che possano essere accettati da tutti. Presidenti e Primi Ministri hanno parlato di una proposta di un comitato internazionale capace di decidere su di una fascia di prezzi , il che presumibilmente richiederebbe un intervento attivo sul mercato.E anche l’ENI ha avanzato una proposta simile. L’obiettivo, scrive Luciani, non e’ semplice : richiede “la creazione di una serie di istituzioni (regolatori degli scambi, maggiore capacita’ di stoccaggio, e la fissazione delle regole del gioco) che siano capaci di rispondere ai cambiamenti del mercato e che allo stesso tempo non generino fluttuazioni troppo ampie , ma degli aggiustamenti progressivi, in linea con l’equilibrio fondamentale fra la domanda e l’offerta”.
Nonostante il gran numero dei produttori aderenti all’OPEC, questa non ha oggi strumenti per controllare il mercato del petrolio greggio. Li avrebbe, se i paesi OPEC accettassero di vendere e comprare “barili di carta” tutte le volte che il mercato prende delle direzioni su cui non c’e’ accordo. Sarebbe tuttavia piuttosto paradossale che uno dei maggiori produttori di petrolio cercasse di controllare il mercato vendendo e comprendo Brent e WTI, mentre sarebbe molto piu’ efficace operando direttamente sul proprio petrolio.
L’unico strumento che l’OPEC abbia mai usato e’ stata la fissazione delle “Quote OPEC”, l’assegnazione di un certo volume di produzione a ognuno dei paesi membri. Ma questo strumento si e’ mostrato insufficiente , perche’ il mercato non ha mai risposto come l’OPEC avrebbe desiderato dato che il rispetto delle quote da parte dei paesi membri e’ sempre molto incerto. Un modo di controllare il mercato sarebbe quello di usare le capacita’ produttive non utilizzate quasi tutte collocate in Arabia Saudita. Cio’ e’ avvenuto nel 1980-81, quando l’Iraq attacco’ l’Iran e nel 1990-91 quando Iraq attacco’ il Kuwait, allo scopo di quietare il mercato sconvolto dalla guerra.
L’OPEC non ha strumenti sufficienti per controllare il mercato nel caso volesse ottenere un certo prezzo. Ma questa situazione sarebbe facilmente corretta se l’Arabia Saudita si spostasse dalla posizione di “Price Taker” a quella di “ Price Maker” : il paese e i suoi alleati prenderebbero cosi’ l’iniziativa di creare un nuovo mercato petrolifero globale. Per far cio’, l’Arabia Saudita dovrebbe vendere il suo petrolio nello stesso modo in cui i Governi vendono i loro titoli, all’asta. Conducendo regolarmente aste per il petrolio Saudita, quest’ ultimo avrebbe un proprio mercato, che svolgerebbe l’importante funzione di “ scoprire il prezzo”, il quale influenzerebbe direttamente il mercato secondario. L’Arabia avrebbe cosi’ il controllo del prezzo a cui vendere il proprio greggio. Questo richiederebbe la creazione di una nuova struttura di mercato e l’apprestamento di nuove capacita’ di stoccaggio.
Per competere con il Brent ed il WTI, i contratti proposti dell’Arabia dovrebbero prolungarsi sufficientemente nel futuro. Il mercato sarebbe organizzato per impedire collusioni fra i compratori; in piu’, un Organismo Indipendente dovrebbe utilizzare le varie offerte avanzate dai compratori per costruire una curva di domanda , che indicherebbe quanti contratti sarebbero venduti a quale prezzo. Potremmo immaginare un Gulf Oil Exchange che offre una piattaforma per tutti i greggi del Golfo: l’Arabian Light, l’Abu Dhabi Murban, il Kuwait Export, l’Arabian Heavy, ed il Bashra Light, ognuno in un giorno diverso. La volatilita’ del prezzo sarebbe ridotta attraverso il controllo del produttore sui prezzi e sui volumi , in aste simili a quelle tenute dalle Banche Centrali che operano sui mercati valutari , in cui le Banche stesse intervengono molto di rado. Naturalmente, la soluzione proposta puo’ creare dei problemi politici, , data la tradizionale preferenza dell’Arabia Saudita a mantenere un basso profilo sul piano internazionale, ma , come dice Luciani “La situazione dell’Arabia Saudita e’ quella di un emergente potere economico mondiale , il che implica il controllo del mercato internazionale del petrolio".