Un patto tra le forze sociali

Sottotitolo: 
Un possibile dialogo tra le forze sociali in un quadro di difficoltà del paese.

Forse è ancora troppo presto per capire le reali intenzioni del nuovo Presidente della Confindustria Emanuele Orsini. Ha parlato però di “unità”, “identità” e “dialogo”. Tre parole d’ordine, per così dire, comprensibilmente importanti per una grande organizzazione di imprenditori. Parlando di “unità” certamente il Presidente ha inteso alludere anzitutto alla ricomposizione delle naturali divisioni interne, che di solito contrappongono vari gruppi di imprenditori alla vigilia dell’elezione di una nuova Presidenza e di una nuova Dirigenza. Ma forse ha inteso alludere anche al fatto che, da alcuni anni a questa parte, la Confindustria ha perduto pezzi importanti: a cominciare da qualche “gioiello di famiglia”, come per esempio la ex Fiat, uscita dall’organizzazione al tempo di Marchionne. Fare riferimento all’unità dunque mi pare il minimo che un nuovo Presidente debba chiedere.

Più che agli attuali iscritti, ai tanti imprenditori delusi – piccoli e grandi – che hanno lasciato la grande Confederazione imprenditoriale, ma che farebbero bene a tornare all’ovile. Anche l’altra parola d’ordine – “identità” – non è meno rilevante, benché abbastanza più complicata. Le imprese infatti non riescono a ritrovare con facilità un’identità omogenea. Perché anche nel mondo aziendale si è assistito, da alcuni anni a questa parte, a vari tipi di frammentazione. Nel senso di un’articolazione dettata dalla convenienza di affidare ad altre imprese interi settori produttivi che in precedenza facevano capo a un unico imprenditore.

In sostanza è come se il Presidente Orsini volesse anzitutto tentare una rigenerazione interna alla sua organizzazione, riservando a un momento successivo l’esposizione all’esterno, vale a dire la ripresa dei rapporti sia con la politica sia con l’organizzazione sindacale. Ciò che ovviamente interessa di più non solo il mondo dei lavoratori – che a sua volta pure attraversa una stagione non tanto felice – ma l’intera cittadinanza.

Qui viene in primo piano la terza parola d’ordine: il “dialogo”. Il Presidente ha detto di voler dialogare, sul piano politico, con le forze sia di maggioranza sia di opposizione. Mi pare un’intenzione normale e abbastanza ovvia in un periodo di grandi trasformazioni produttive, economiche e sociali. Dalla rivoluzione tecnologica, con l’incombente irruzione dell’intelligenza artificiale, alla transizione energetica, uno dei problemi più complicati e scottanti.

Finora però ancora non risulta, almeno ufficialmente, che il Presidente Orsini sia entrato in contatto con i suoi interlocutori naturali, vale a dire le tre maggiori Confederazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil. E’ auspicabile che ciò avvenga al più presto perché i problemi sul tappeto che hanno bisogno urgente di un dialogo, prima ancora che con il Governo, tra le rappresentanze sociali in piena autonomia. Anche perché al momento il Governo non pare tanto interessato a quel grande “Patto sociale”, pur invocato soprattutto (ma non solo) dalla Cisl, vale a dire la Confederazione che pare più morbida e pronta e fiduciosa a trattare con il Governo.

A parte il rinnovo dei contratti collettivi scaduti – problema legato agli urgenti aumenti salariali – c’è sul tappeto un problema di fondo e per certi versi preliminare: il sistema delle regole certe sulla rappresentanza e rappresentatività sindacale allo scopo specialmente di fare piazza pulita di sindacati poco rappresentativi e talvolta addirittura di comodo, pronti a stipulare i cosiddetti “contratti-pirata”, vera piaga delle attuali relazioni industriali. A sanare la quale dovrebbe essere interessata anzitutto la Confindustria in quanto quei contratti inquinano gravemente la sana concorrenza tra imprese.

Anche a questo fine sarebbe opportuno riprendere il discorso sul salario minimo legale, fatto cadere senza vere ragioni logiche. Insomma il mondo del lavoro ha bisogno dell’immediata apertura di un dialogo costruttivo tra le contrapposte forze sociali. Infatti solo una leale collaborazione tra di esse può contribuire a garantire l’aumento sia dei salari sia della produttività delle aziende e naturalmente la crescita del Paese, oltre all’ordine e alla pace sociale. 
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Articolo pubblicato sul "Corriere del Mezzogiorno".

Mario Rusciano

Professore Emerito di Diritto del lavoro, Università di Napoli Federico II.