Spese pubbliche in Europa

Sottotitolo: 
Statistiche (2007-2014) e interpretazioni ingannevoli.

Come è noto, I bilanci pubblici  sono stati messi sotto accusa in Europa come la causa di tutti i mali. Può essere interessante guardare cosa è successo nei sette anni dall’inizio della crisi. La Tabella I presenta le percentuali rispetto al PIL delle spese ed entrate totali (a tutti i livelli di governo) in sette paesi europei, di cui due (Regno Unito e Svezia) fuori dalla euro-area. L’ordine dei paesi è in base alla quota della spesa pubblica nel 2007. Come si può notare la quota della spesa pubblica è aumentata in tutti i paesi; anche le entrate sono aumentate in quattro paesi, mentre sono diminuite significativamente in Spagna e Svezia, nonché (in minor misura) nel Regno Unito.                                                             

Tabella I                     

                                                                       Spese  totali                                            Entrate totali

Paesi

2007

2014

2007

2014

Francia

52,2

57,2

49,7

53,2

Svezia

49,7

53

53

51,1

Grecia

46,9

49,3

40,2

45,8

Italia

46,8

51,1

45,2

48,1

Regno Unito

42,9

44,2

39,9

38,7

Germania

42,7

43,9

43,1

44,6

Spagna

38,9

43,6

40,9

37,8

Tuttavia I dati totali sono in parte fuorvianti, a causa delle diverse regole di tassazione adottate nei paesi. Ad esempio, in Germania le pensioni sono in larga parte esenti da imposte, mentre in Svezia tutti i trasferimenti monetari sono tassati. Inoltre il livello del debito e il suo costo determinano una spesa per interessi molto diversa da paese a paese. Maggiore omogeneità possiamo trovarla nei dati che riguardato l’insieme di servizi pubblici forniti dagli Stati, come si vede nella Tabella II 

     Tabella II -  Consumi pubblici 

Paesi

2007

2014

Svezia

24,1

26,3

Francia

22,3

24,3

Regno Unito

20,0

19,7

Grecia

19,9

19,8

Italia

18,9

19,5

Spagna

17,7

19,2

Germania

17,5

19,4

Anche la quota dei servizi sul PIL ha avuto una tendenza alla crescita, con due flessioni (Regno Unito e Grecia) molto contenute. Svezia e Francia si confermano nettamente in testa, mentre le distanze tra gli altri cinque paesi si sono ridotte sensibilmente. Ma dobbiamo ricordarci che i dati si riferiscono a percentuali sul PIL; ora nei sette anni l’economia ha avuto andamenti totalmente differenziati tra i diversi paesi; in testa abbiamo la Svezia con un cumulativo +5,8%, mentre in coda, come è noto, la Grecia con -25,8%.

Pertanto possiamo confrontare la crescita percentuale dei servizi pubblici nei diversi paesi guardando alla variazione del PIL nei sette anni considerati:

                                                                  Tabella III - PIL / Consumi pubblici

Paesi

Variazione PIL

Variazioni Consumi Pubblici

Svezia

+5,8

+15,5

Germania

+5,1

+16,5

Regno Unito

+2,1

+ 4,0

Francia

+2,3

+11,5

Spagna

-5,0

+ 3,1

Italia

-8,9

-  6.0

Grecia

-25,8

- 26,2

Come si può notare, l’erogazione di servizi pubblici (la sanità, l’istruzione e svariati beni pubblici) alle collettività dei paesi (numericamente sostanzialmente stabili) ha avuto degli andamenti molto diversificati. Germania e Svezia vi sono stati incrementi significativi, chiaramente dovuti non solo agli incrementi del PIL ma anche della quota; la Francia, pur con una crescita del PIL inferiore al Regno Unito ha incrementato i servizi cinque volte di più, e qui si nota la differenza di politica di bilancio tra i due paesi. Perfino la Spagna, con una crescita negativa, ha leggermente aumentato i servizi grazie ad un aumento della quota.

I due paesi con una variazione negativa sono L’Italia e soprattutto la Grecia. In Italia il leggero incremento della quota ha permesso di ridurre i servizi un po’ meno della caduta del PIL, mentre questo non è accaduto in Grecia. Se dico: “la quota dei consumi collettivi in Grecia nel 2014 è stata più alta di quella della Germania”  faccio una affermazione simile a quelle di cui parlava Mark Twain: “i dati spesso mi ingannano, in particolare quando  devo organizzarli io stesso; nel qual caso l'osservazione attribuita a Disraeli si applica con giustizia e forza: "Ci sono tre tipi di bugie: bugie, maledette bugie e statistiche".

Ruggero Paladini

Economist - Professor of "Scienza delle Finanze" at University "La Sapienza" Roma; Member of the Economic Board of Insight - ruggero.paladini@uniroma1.it