Sciopero poco generale
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Senza dubbio è stato uno “sciopero politico”. Del resto è logico: uno sciopero generale non può essere che “politico”. La mancata adesione della CISL all’iniziativa CGIL-UIL. Ha senso tornare a parlare dello sciopero CGIL-UIL dell’altro giorno dopo averne parlato la scorsa settimana? Forse sì perché, da qualunque angolo visuale si guardi la protesta – quello dei sindacati (proclamanti e dissenzienti); quello degli imprenditori; quello del Governo, dei partiti e degli organi d’informazione – c’è poco da stare allegri. I sindacati proclamanti dicono che lo sciopero è andato bene; gl’imprenditori dicono che è andato male per gli stessi sindacati e bene per loro, in quanto hanno scioperato pochissimi lavoratori. Governo e PD si limitano a criticare sobriamente CGIL e UIL che hanno scioperato mentre s’aggrava la pandemia e nonostante la legge finanziaria abbia abbassato l’Irpef dei lavoratori. Sul punto specifico peraltro pare difficile fare chiarezza: per i sindacati scioperanti, a beneficiare delle minori aliquote, saranno i redditi più alti, mentre Governo e imprenditori affermano l’esatto contrario. Non si riesce a fare calcoli oggettivi e veritieri? E ancora: l’opposizione di sinistra, avendo appoggiato lo sciopero, ne parla bene. La stampa di destra gioisce per il flop della protesta. Italia Viva di Renzi, la destra di Meloni Salvini e Berlusconi, con diverse sfumature, tacciano d’irresponsabilità sindacati e scioperanti. Infine la CISL che, dopo aver rotto l’unità sindacale dissociandosi da CGIL-UIL, nella manifestazione romana di ieri ha giudicato positivi i risultati della legge finanziaria: in pratica il bicchiere della finanziaria per la CISL è mezzo pieno, per CGIL e UIL è mezzo vuoto. Insomma la gran confusione sotto il cielo non fa capire se c’è o non c’è conflittualità sociale; e, se c’è, quali ne sono i tratti reali. Problema complicato, del quale ci s’accorgerà col tempo: sempre che le parti di questo gioco tragicomico adotteranno adeguate misure di confronto per migliorare i loro rapporti e cominceranno a battere la strada del pragmatismo razionale. In verità lo sciopero è stato “generale” per modo di dire, comunque meno generale di quanto le organizzazioni proclamanti si aspettassero. Ciò per varie ragioni. In primo luogo perché alcuni lavoratori, soprattutto pubblici, sono stati esclusi dalla protesta su delibera dell’Autorità garante dello sciopero nei servizi essenziali: avevano scioperato pochi giorni prima. In secondo luogo la mancata adesione della CISL all’iniziativa CGIL-UIL: che senz’altro ha inciso sulla minore partecipazione alla protesta. Poi la ragione forse più importante: ormai, in quasi tutti i settori produttivi, esistono più contratti precari che contratti stabili. E naturalmente i lavoratori precari non sono sindacalizzati e la loro partecipazione agli scioperi è solo teorica. Hanno il diritto ma in pratica non possono esercitarlo: se lo facessero, metterebbero a rischio il rinnovo, già di per sé soltanto eventuale, del loro contratto. Quale la natura dello sciopero?Senza dubbio è stato uno “sciopero politico”. Del resto è logico: uno sciopero generale non può essere che “politico ”: premendo sulla controparte datoriale, i lavoratori vogliono premere soprattutto sul Governo e sul Parlamento. E da circa mezzo secolo la Corte Costituzionale ha dichiarato legittima tale forma di protesta. Ciò non deve meravigliare. E’ evidente che, con lo sciopero politico-generale, i lavoratori intendano in massa far capire all’intera cittadinanza che, quando loro si fermano, si blocca tutto il Paese. E pagano questo duro messaggio di tasca propria, con la perdita della retribuzione per le ore di sciopero. D’altronde è innegabile, e non da ora, la stretta interdipendenza tra le strategie sindacali e le politiche industriali ed economico-finanziarie del Governo. In questo senso il sindacato è sempre, per sua natura, un “corpo intermedio” che si muove sul terreno della politica economica. E difatti accanto allo sciopero politico, per la stessa ragione di tale interdipendenza, esiste la c. d. “Concertazione triangolare” tra Governo, sindacati e imprenditori. Non a caso proprio il dilemma tra sciopero e concertazione ha creato la grave frattura tra CGIL e UIL da una parte e CISL dall’altra. Quest’ultima Confederazione, nella manifestazione romana di ieri, ha motivato il suo dissociarsi dalle Confederazioni scioperanti dicendo a chiare lettere che in questo periodo più della lotta serve la coesione, che si raggiunge tramite la concertazione. Ora come ora è difficile stabilire chi ha ragione e chi ha torto. Lo si potrà dire soltanto osservando il reale andamento della situazione sociale del Paese, che adesso appare comunque molto complicata e preoccupante. E’ probabile che CGIL e UIL siano state troppo precipitose nel valutare le attuali condizioni dei lavoratori talmente gravi da richiedere il ricorso a uno sciopero politico-generale. Ma codesto atteggiamento pare speculare a quello dell’eccessiva fiducia della CISL di ottenere ulteriori risultati (per essa) soddisfacenti mediante una serena collaborazione istituzionale col Governo. Le tre Confederazioni si ritroveranno assieme, al tavolo del Governo, per la trattativa sulle pensioni, altro nodo intricato della enorme questione-lavoro. Forse si renderanno conto di quanto sia indispensabile, per scioglierlo, la compattezza della rappresentanza sociale e capiranno di dover al più presto ricomporre la frattura: nell’interesse del Paese! (Pubblicato sul Corriere del Mezzogiorno, 19.12.2021) Mario Rusciano
Professore Emerito di Diritto del lavoro, Università di Napoli Federico II. Insight - Free thinking for global social progress
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