[Editoriale del Corriere del Mezzogiorno, domenica 27 ottobre 2024, pp. 1 e 11]
Destra e riforme
45. LE AUTONOMIE SECONDO LA COSTITUZIONE
di Mario Rusciano
“Democrazia e potere” è il tema attualissimo scelto quest’anno da Enzo d’Errico per “CasaCorriere 2024”. Fa subito pensare alle due facce della Premier. All’estero quella dell’europeismo, atlantismo, pacifismo. All’interno quella della destra estrema, incurante delle “autonomie costituzionali”. Da contrappesi allo strapotere dei Governi diventano per Meloni fastidiosi intralci. Tanto da indurla al “premierato”: riforma costituzionale di trasformazione della democrazia parlamentare in “democratura”. Ma la locuzione “dittatura democratica” è un ossimoro. Impossibile che un’elezione realmente “democratica” comporti l’attribuzione al Premier di “pieni poteri”, alcuni tolti al Capo dello Stato e al Parlamento. Tutti vogliamo stabilità del Governo, ma non col più dispotico dei modelli. Intanto già ora – anticipando la riforma proposta, ancora lontana, forse improbabile – Meloni rifiuta critiche, controlli, dissensi. Evidentemente suggestionata dalle ataviche sue tradizioni, ostili al patto costituzionale del 1947. E’ geneticamente contraria alla Costituzione la destra. Divenuta governativa ha “dovuto” giurare sulla Carta ma non vi s’è identificata, non ne ha condiviso lo spirito. Quando legge il testo, prende alla lettera solo quanto le conviene. Ignora che la Carta configura un sistema inscindibile, dove s’incastrano armonicamente: principi; diritti; valori; articolazione dello Stato; autonomie. Sistema da maneggiare con delicatezza per evitarne crepe strutturali.
S’è detto e ridetto che la destra sbaglia a non capirlo e ad agire su quest’errore. Taglia l’art. 1 Cost: dopo “l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”, esso dice: “la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. La destra legge solo il primo periodo – “la sovranità appartiene al popolo” – perché affezionata a un’idea bizzarra: nel 2022 il popolo ha votato la destra (seppure con maggioranza risicata grazie all’astensionismo) e l’ha resa padrona dello Stato e del Governo. Difatti i parlamentari della destra non esercitano le loro prerogative costituzionali: da yes-man approvano decreti-legge governativi e interrogano i Ministri nel Question time, solo per tessere le lodi del Governo.
Delle autonomie costituzionali neppure l’ombra. Non dimostra il contrario l’“autonomia regionale differenziata”, estranea allo spirito costituzionale. La legge Calderoli è l’opposto dell’autonomia regionale della Costituzione, secondo cui l’Italia è “una e indivisibile” (art. 5 Cost.) e dev’esserci eguaglianza formale e sostanziale di tutti i cittadini (art. 3 Cost.). La Calderoli invece realizza l’aspirazione originaria della Lega-Nord: “secessione” del Nord che detesta il Sud, zavorra costosa, parassitaria, malgovernata, ingovernabile.
Meloni e Tajani, chissà con quanta convinzione, hanno approvato il regionalismo di Salvini e Calderoli in cambio della giustizia di Tajani e del premierato di Meloni. Alla quale però sfugge che “premierato” e “regionalismo differenziato” fanno a pugni: Il primo intende rafforzare il Governo centrale, il secondo indebolirlo a vantaggio delle Regioni del Nord.
Le riforme identitarie della destra mettono a rischio l’attuale ordine istituzionale del Paese. Riforme se ne possono fare, ma attraverso operazioni microchirurgiche per creare un sistema nuovo, ma in sé coerente, rispettoso delle autonomie costituzionali d’uno Stato democratico-pluralista. Esse – differenti per natura e finalità – sono argini solidi d’ogni esondazione istituzionale.
1) In primo luogo l’autonomia della Magistratura – costituzionale, ordinaria, amministrativa, contabile – che il Governo vorrebbe in vari modi limitare per renderla accondiscendente alle sue decisioni. Ma essa è un pilastro della democrazia e la sua indipendenza è intoccabile.
2) C’è poi l’autonomia sindacale, anch’essa strumento della democrazia. Se il Governo ne riconoscesse il peso che merita, discuterebbe con la “rappresentanza sociale” su come far crescere il Paese. Invece la sopporta e cerca di dividerla.
3) L’autonomia d’informazione, comunicazione e stampa viene definita non a caso autonomia del “quarto potere”. Il Governo vuole asservirle, rifiuta libere conferenze-stampa, querela i giornalisti ed occupa le importanti agenzie dell’informazione (Rai; Agi).
4) L’autonomia dell’Università e della ricerca: il Governo continua a mortificarla tagliandone le risorse e disconoscendone la centralità per lo sviluppo della scienza.
5) L’autonomia della cultura: Il Governo la disconosce occupandone platealmente ogni postazioni ritenuta strategica per l’affermazione della “sua” cultura (Ales; Fondazioni liriche; Musei ecc.).
Anziché fantasticare di complotti atteggiandosi a vittima, il Governo farebbe bene ad accettare che contestazioni e dissensi – benché talora sciocchi e smodati – s’inseriscono nel gioco democratico, magari causati dall’incultura costituzionale della destra.
Fortunatamente la lungimiranza dei Padri Costituenti apprestò gli strumenti per garantire l’equilibrio dei poteri nell’interesse della collettività: autonomie costituzionali e rilevanza delle “società intermedie” (come partiti e sindacati).