Resistibili ascese: il caso di Ursula von der Leyen

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Il tentativo di dare un significato alla sua presenza, nota solo alle burocrazie brussellesi, si sta rivelando pericoloso,  alimentando ulteriormente un clima di altissima tensione e di incerti sbocch

Appena tre anni fa, Francesco Russo dell’AGI scriveva: “Per Martin Schulz, la nuova presidente della Commissione Europea [Ursula von der Leyen] era il peggior ministro del governo tedesco. Durante il suo mandato alla Difesa, ha fatto troppo poco e troppo tardi per risollevare l'esercito dalle sue pessime condizioni. E il ministero è stato toccato da scandali dei quali è ancora chiamata a rispondere in patria”

Dunque la bellicosa presidenta del governo UE, che sta dimostrando un ardore euro-patriottico inaspettato, fino al 2019 in Germania godeva di una considerazione assai poco lusinghiera. Tanto che allora si disse che Angela Merkel, applicando il detto “promoveatur ut amoveatur”, se ne fosse sbarazzata inviandola in un luogo dove poteva fare meno danni¸ cioè a dire a capo della Commissione Europea, un’istituzione dai poteri reali ben poco estesi e comunque sempre subordinata ai governi nazionali.

Le drammatiche condizioni attuali, unite alla mai troppo deprecata assenza della Kanzlerin dalla scena mondiale, l’hanno invece proiettata su una scena evidentemente troppo grande di lei. Il tentativo evidente di dare un significato alla sua presenza, nota solo alle burocrazie brussellesi, si sta rivelando pericoloso, in quanto alimenta ulteriormente un clima di altissima tensione e di incerti sbocchi (invio di armi UE all’Ucraina, “per difendersi”: conoscete, fin dai tempi di Giulio Cesare in Gallia, una guerra che non sia scoppiata per difendersi da qualcosa?).

Un’Europa finora senza una vera politica comune sta tentando di trovarne una “in negativo”, in chiave anti-russa e rovesciando fiumi di retorica su tutti i canali informativi (by the way, le democrazie occidentali hanno tacitato il canale russo RT, perché diffondeva “fake news” - mentre è notorio che gli altri canali informativi spacciano solo oro colato; l’orchestra filarmonica di Monaco e La Scala di Milano hanno espulso il maestro Gergiev perché non ha abiurato ai suoi convincimenti; la fiera del libro per l’infanzia di Bologna ha chiuso le porte alle case editrici russe; la Bicocca a Milano ha cancellato un seminario su Dostoevskij, addirittura la Russia è stata esclusa dall’Eurovision Song Contest!).

Mi domando: Putin ha impiegato più di dieci anni per preparare questo sciagurato intervento e non ha fatto mai nulla di nascosto. In questo periodo, dov'erano le istituzioni europee? Quale politica hanno tentato di mettere in campo per evitare quello che poteva e doveva essere evitato? Perché non hanno vegliato con la necessaria energia sugli accordi di Minsk 2, disattesi da entrambi i contraenti? Se Putin è uno zar sanguinario – e, lo ripeto, non da una settimana – perché in oltre quindici anni non si è fatto nulla per disegnare una politica energetica europea differente? È stato un accidente fortuito che l’ex cancelliere tedesco socialdemocratico sia diventato un alto dirigente della Gazprom russa?

Ad eccoci tornati alla qualità del personale politico UE. Il caso di Ursula von der Leyen è, da questo punto di vista, paradigmatico. Continuiamo a spigolare dall'articolo di Russo:

“Unico membro delle amministrazioni di Angela Merkel a essere ininterrottamente al governo dal 2005, Von Der Leyen in patria non è per niente amata.” […] “Oggi [2019] lascia un'eredità talmente negativa che un deputato del suo stesso partito, la Cdu, confidò al “Financial Times” che ‘è una buona notizia per l'esercito che se ne stia andando" giacché "i suoi anni al ministero sono stati davvero duri per le forze armate’". […] L’asserita incompetenza della von der Leyen sarebbe testimoniata da una serie di episodi tragicomici di inefficienza della Bundeswehr (“che un ufficiale britannico avrebbe bollato con sprezzo come una ‘aggressiva organizzazione di campeggiatori’”), dai manici di scopa dipinti di nero a posto dei fucili ai pulmini Mercedes schierati al posto delle autoblinde, alla risibile percentuale di mezzi davvero efficienti.

Ma c’è di molto peggio. “Tra gli scandali che hanno segnato i suoi anni alla Difesa il più grave è quello che riguarda i ricchissimi contratti assegnati a società di consulenza esterne in maniera diretta, ovvero senza gara, in una delle quali lavorava anche il figlio della von der Leyen […]

Un altro caso che fece parecchio rumore fu quello di Franco A., un tenente neonazista che era riuscito a fingersi un rifugiato siriano, ottenendo persino asilo nel 2016. L'obiettivo dell'ufficiale era commettere un attentato terroristico per mettere in cattiva luce i rifugiati. Tutto ciò senza che nessuno si accorgesse di nulla. Venne fuori che molti superiori del tenente conoscevano le sue tendenze politiche ma non avevano reagito in alcun modo. La risposta del ministro non fu un'ammissione, almeno parziale, di responsabilità, bensì una violenta critica ai vertici della Bundeswehr, da lei accusati di avere un "problema di attitudine" e "mancanza di leadership". Parole considerate oltraggiose dai generali, che reagirono ricordandole che, se un problema di leadership c'era, era lei la principale responsabile. Fu in quel momento che il rapporto di fiducia tra le forze armate e il ministro si ruppe in maniera irrimediabile.”

Ecco dunque a chi sono affidate le sorti della “nuova UE” che sembra finalmente aver ritrovato – o trovato? – una sua unità.

Ci sarebbe invece bisogno di personale di spessore ben più elevato, capace di uscire dalla melassa di un pacifismo senza fisionomia, fatto di bandierine, proclami, trovatine pubblicitarie (le luci spente a un’ora precisa in tutta Europa, per far capire a Putin che “non lo temiamo” e che non abbiamo bisogno – udite, udite – del suo gas!), di accoglienza larmoyante ma selettiva dei profughi (ai confini della Polonia, nota per il suo governo liberale e progressista, le guardie confinarie fanno passare solo chi ha la pelle bianca), capace di affiancare l’odierno, flebile tavolo della trattativa in Bielorussia con una robusta e coraggiosa iniziativa di mediazione tra le parti, fatta di Realpolitik e di lungimiranza, con in testa un progetto ben preciso, che  dovrebbe essere quello di convocare una Yalta 2, perché si inizi a ridisegnare equilibri planetari ben più stabili e credibili dell’attuale che, nel trentennio abbondante seguito all’89, ha causato milioni di morti, anche nel nostro Continente (ricordiamo solo i 200.000 morti del caotico processo dissolutivo della Jugoslavia e la permanente tragedia delle migrazioni).

Già, purtroppo però non si vedono in giro molti De Gaulle, Roosevelt, Churchill e persino Stalin, ma solo personalità mediocri e nanerottoli attenti ai sondaggi.

Claudio Salone

Professor of ancient literatures, Rome - https://claudiosalone39.wordpress.com/