"Quantitave easing" e le banche

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La moneta emessa dalla BCE, o meglio dalle varie banche nazionali della zona euro, torna in buona misura in Germania,

Dall’inizio del 2015 fino ad oggi il passivo di Italia e Spagna nel sistema Target 2........ è aumentato, mentre parallelamente è cresciuto l’attivo della Germania. Da passivi nell’ordine di -200 miliardi (fine 2014) per i due paesi mediterranei, si è passati a -327 (Italia) e 314 (Spagna) ai primi di ottobre 2016, mentre la Germania è passata da + 500 a +678 miliardi. Negli ambienti finanziari (particolarmente tedeschi) ci si domanda se si sia in presenza di un fenomeno di fuga dei capitali come quello del periodo 2011.

Target 2 è il sistema che regola i pagamenti trans-nazionali tra i Paesi dell’area euro e le loro banche centrali, che ne sono i principali attori, insieme alle banche di maggiore dimensione. Se un italiano acquista un’auto tedesca, ed una banca italiana trasferisce la somma dell’acquisto ad una tedesca, vi è una diminuzione di base monetaria presso la Banca d’Italia ed una aumento presso la Bundesbank, e ciò viene registrato nel sistema Target 2 come un debito della Banca d’Italia verso Bundesbank Infatti nei bilanci patrimoniali di una banca centrale ad ogni variazione di base monetaria (passivo) deve corrisponderne una di pari dimensione (attivo). L’opposto se un operatore tedesco compra un titolo italiano (pubblico o privato).

La risposta ufficiale è che questa volta l’accentuarsi dello squilibrio non sia dovuto a fughe di capitali, ma in gran parte derivi dall’operare della politica monetaria della Bce, il Quantitative Easing (QE). In un recente intervento Peter Praet, membro del board BCE, ha spiegato che la BCE non compra direttamente i titoli di Stato, ma fa acquistare da ciascuna Banca Centrale dell’euro-sistema i propri titoli: la Banca d’Italia acquista titoli italiani (BTP) da operatori italiani o esteri, la Banca di Spagna fa altrettanto con i Bonos e così via.

Ora, poiché l’80% degli acquisti di titoli da parte delle banche centrali nazionali avviene con controparti estere, il QE determina delle conseguenze su Target 2. Insomma, la ragione consisterebbe nel fatto che il debito italiano e spagnolo è più diffuso all’estero di quanto avvenga per quello tedesco.

Tuttavia va detto che, secondo i dati della BCE, nel periodo considerato gli investitori esteri hanno acquistato titoli pubblici italiani per 10 miliardi, mentre i fondi comuni, le banche e le famiglie italiane hanno venduto per 63 miliardi. Ciò non sembra essere coerente con le affermazione di Praet.

Ma non significa neppure che sia in atto una fuga di capitali. Piuttosto nel caso dei privati e dei fondi d’investimento la spiegazione più probabile è che l’aumento del prezzo dei titoli, e l’idea che forse la discesa dei tassi d’interesse sia arrivata alla fine, abbia indotto a vendere i BTP per realizzare buone plusvalenze. Il denaro ottenuto è stato però investito prevalentemente all’estero, perché le prospettive dei titoli italiani non sono interessanti, dato lo stato di stagnazione dell’economia.

Nel caso delle banche vi è probabilmente anche il desiderio di ridurre il possesso di titoli pubblici, che era molto aumentato nel periodo 2011-2012, prima del famoso “whatever it takes” di Draghi. Nel caso delle banche italiane e spagnole probabilmente il QE costituisce l’occasione per diminuire la consistenza dei titoli pubblici nel portafoglio, in previsione della possibilità che i tedeschi impongano di considerare rischioso il loro possesso (con la necessità di ulteriori aumenti di capitale proprio).   
 
Alla fine quindi la moneta emessa dalla BCE, o meglio dalle varie banche nazionali della zona euro, torna in buona misura in Germania. In fondo, abbiamo una nuova dimostrazione di quanto ragione aveva Keynes quando sosteneva che l’emissione di moneta per finanziare spese pubbliche va bene, ma l’emissione di sola moneta (le così dette operazioni di mercato aperto) serve a poco.

P. S.  Uno sbilancio, in miliardi, di 327 (Italia) e 314 (Spagna) nel Target 2 può sembra pesante di fronte, ad esempio, a 78 (Grecia) e 66 (Portogallo). Ma se passiamo a vedere il peso in termini di PIL, le cose cambiano:       
                                           
Rapporto Target 2 / PIL
Grecia  44,6%;     Portogallo  36,9%;     Spagna  29,2%;     Italia 19,9%

Ruggero Paladini

Economist - Professor of "Scienza delle Finanze" at University "La Sapienza" Roma; Member of the Economic Board of Insight - ruggero.paladini@uniroma1.it