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E' sulla politica di bilancio che Tsipras gioca la partita decisiva con Berlino. La spesa pubblica potrebbe portare a una diminuzione del debito, ma questo è il punto cruciale che per l'ortodossia di Bruxelles è difficile da accettare.
Non sarà il debito il problema più difficile nella trattativa tra Atene e Bruxelles, o meglio tra Atene e Berlino; sarà l’uscita dalla politica di austerità. E’ vero che nel programma di SYRIZA si parlava di un haircut sul debito, ma l’impressione di molti osservatori è che accordi siano possibili, così come lo sono stati un paio di anni fa. Il rimborso di 80 miliardi di prestiti bilaterali, stabiliti nel 2010 tra i paesi dell’euro-zona e la Grecia, è stato spostato in avanti tra il 2020 e il 2041, quasi sempre con 2,6 miliardi annui di rimborsi. Per il prestito del fondo EFSF di oltre 140 miliardi i rimborsi si svolgeranno a partire dal 2023 fino al 2057, per circa 4 miliardi annui, ma con picchi sui 10 miliardi (2032, 2043, 2045, 2054, 2056). *
I tassi d’interesse sono stati ridotti, per cui già oggi il costo medio del debito è praticamente al livello di quello della Germania, 2,4%. Ovviamente, dato un debito pari al 175% del PIL, il peso degli interessi sul PIL è ben più alto, 4,2%. Certo una spesa per interessi di quel livello ha costretto il precedente governo, sulla base degli accordi sottoscritti (Memorandum of Understanding, MoU) ad un surplus primario elevato (2,8% nel 2014); in effetti è il più elevato tra i paesi europei, più di quello tedesco e di quello italiano.
Il problema del governo Tsipras è analogo a quello dei governi italiani e portoghesi. Dover raggiungere e mantenere un elevato surplus primario, implica che la politica di bilancio non può trasmettere un impulso espansivo all’economia. Le speranze di crescita sono quindi affidate alle esportazioni (e, nel caso greco, anche al turismo).
E’ dunque sulla politica fiscale che si gioca la partita con Berlino. Secondo il MoU il surplus primario dovrebbe aumentare ancora, fino al 4,5%, portando quindi ad un completo pareggio del bilancio. In realtà bisognerebbe andare in direzione opposta, quanto meno azzerando il surplus primario. L’effetto di questa manovra sarebbe quello di diminuire sensibilmente il rapporto debito-PIL. Anche se in Germania l’idea che un aumento del deficit possa portare ad una diminuzione del rapporto debito-PIL può sembrare paradossale, si tratta di semplici concetti macroeconomici. Se il moltiplicatore di una spesa pubblica è superiore all’inverso del rapporto debito-PIL, l’aumento del denominatore (il PIL) è maggiore dell’aumento del numeratore (il debito); ergo il rapporto diminuisce.
Quale è l’inverso del rapporto debito-PIL? 1/1,75 = 0,57. Quindi anche un moltiplicatore pari all’unità (ma secondo le stime del FMI siamo ben sopra l’unità) porta a diminuire il rapporto debito PIL. Spese pubbliche per un punto di PIL, in Grecia, porterebbero ad una diminuzione di quasi un punto e mezzo del debito.
Questo è il punto cruciale, che per l’ortodossia comunitaria è difficile da accettare. La scoperta dell’entità del deficit greco all’inizio del 2010 è stata una ottima occasione per la destra europea, per capovolgere il rapporto tra crisi finanziaria e debiti sovrani: è stata la condotta da cicale dei paesi dell’euro-sud a condurre alla crisi. Quindi bisogna risanare i bilanci tagliando le spese ed aumentando le imposte. Poiché anche le bilance commerciali erano in deficit, bisogna aumentare la competitività tagliando i salari. Queste regole hanno portato nel triennio 2010-2012 ad una caduta del PIL greco di quasi il 20% (nel 2013 la diminuzione è stata solo del 3,8%). E’ difficile trovare una caduta analoga se non tornando alla grande depressione del 1929.
Un rollover dei debiti in scadenza quest’anno col FMI (circa 9 miliardi) è sicuramente possibile, mentre le scadenze dei bond, comprati dalla BCE nell’ambito del Security Market Program (SMP) nel 2010, devono essere rispettate. La BCE non può rinnovarli, pena l’accusa di finanziare gli stati sovrani; a luglio ed agosto scadono circa 7 miliardi (ma la Banca di Grecia avrà indietro gli interessi). Il governo Tsipras ha dichiarato di non volere un ulteriore finanziamento europeo, appunto sui 7 miliardi, prima di rinegoziare l’insieme generale delle condizioni. Tuttavia in mancanza di finanziamenti il governo si trova in una situazione di liquidità critica, sia per fare fronte alle scadenze dei bond che per finanziare il programma di spese rispetto al quale sono stati presi già i primi provvedimenti, valutato, nel programma di SYRIZA, in 11 miliardi.
Nelle prossime settimane si una preannuncia una partita complessa, che richiama la teoria dei giochi, che Yanis Varoufakis e (forse) Alexis Tsipras, conoscono. Entrambi i giocatori hanno dei punti di forza e di debolezza. E’ logico che il governo greco debba mostrarsi molto determinato, altrimenti accadrà come con Hollande e Renzi, che non hanno ottenuto nulla. D’altra parte la situazione finanziaria greca è critica, né il governo è in grado di finanziarsi sul mercato; ha anzi il problema di una fuga di capitali dalle banche valutata in 20 miliardi, e di uno sbilancio sui conti Target 2, il sistema dei pagamenti interbancario dell’Eurosistema, che ha superato i 50 miliardi.
Berlino e Bruxelles hanno il problema del possibile effetto domino di una eventuale rottura con Atene; ma non possono ammettere che la linea dell’austerità sia fallita e accettare quindi una netta inversione a 180 gradi della politica di bilancio. I margini di accordo sul debito sono possibili, anche se non nella forma di un haircut esplicito; ma la vera partita si gioca sulla politica economica.
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* Prestiti e scdenze
- Prestiti bilaterali dal 2020 al 2041, con 18 anni a 2,6 miliardi;
- In 34 anni 2023-2057 circa 4 l’anno, ma con picchi nel 32, 43, 45, 54, 56
- 2010 80 bilaterali, poi EFSF per 142 e 12 IMF;
- Circa 7 (luglio-agosto) alla BCE 9 al FMI entro l’anno;
- 20 mld usciti dalle banche, squilibrio target 2 oltre i 50 mld;
- Rapporto Debto/ PIL 182