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Fadhil Chalaby, un intellettuale iracheno, per dieci anni alla testa dell'OPEC, collaboratore di Zaki Yamani famoso Ministro del petrolio saudita, racconta in un suo recente libro la soria del dibattitp e delle contraddiizoni all'interno dell'Organoizzazione.
L’Organizzazione dei paesi Esportatori di Petrolio , OPEC , fu creata nel 1960, una risposta ad una mossa concorrenziale delle grandi compagnie produttrici di petrolio , tese a mantenere il loro controllo sull’industria, ed a bloccare i potenziali concorrenti che sviluppavano nuove aree produttive . Per far questo esse ridussero il prezzo del greggio , sicure di controllare le aree a costo piu’ basso. Si trattava di una normale mossa competitiva del cartello , composto dalle “ sette sorelle” che avevano fino a quel momento controllato l’industria. Pero’, ridurre il prezzo voleva dire ridurre il denaro che le compagnie pagavano ai paesi produttori come “royalties” cio’ che e’ dovuto al Re.
Questi paesi , persuasi soprattutto dal Venezuela, non gradirono affatto , e crearono l’OPEC per difendere il loro reddito petrolifero. Come la nuova organizzazione dovesse operare era ancora poco chiaro, ed essa comincio’ con la ovvia mossa di aprire un negoziato con le compagnie. Sul possibile comportamento dell’OPEC si formarono due teorie. La prima implicava ,fra l’altro, una strategia competitiva , con prezzi sufficientemente bassi per convincere le compagnie che il petrolio non era piu’ profittabile, e per farle alla fine uscire dal mercato.
Questa teoria fu enunciata, ma mai realmente sviluppata, da Enrico Mattei , che era spinto dal suo anticolonialismo , e dall’interesse di paesi, come l’Italia, che non avevano accesso al petrolio a buon mercato. L’altra teoria, sviluppata dagli economisti, era che l’Organizzazione dovesse comportarsi come un cartello , che tenesse a bada i concorrenti , e adottasse dei prezzi che rendessero poco profittabile cercare e trovare nuove fonti , che non sarebbero state in nessun caso a costo piu’ basso dei grandi giacimenti del Golfo. Questa teoria era appoggiata da economisti che avevano letto nel libro “The Essential of Petroleum” di Paul Frankel che la produzione petrolifera ha un costo marginale quasi nullo , e quindi che l’industria deve essere gestita come un cartello , cioe’ dal gruppo che controlla i giacimenti a costo piu’ basso. Ambedue queste teorie risultarono , nei fatti, molto lontane da quello che i paesi produttori volevano , che era di prendere dal petrolio quanti piu’ soldi fosse possibile
Cio’ voleva dire che il prezzo doveva essere aumentato al massimo possibile gia’ nella prima fase , per aumentare le royalties, e poi, dopo la nazionalizzazione di molti giacimenti, per arricchire il bilancio dello Stato dei paesi produttori. Cio’ richiedeva di ignorare la preoccupazione degli economisti che i prezzi alti avrebbero ridotto la domanda di petrolio , e nello stesso tempo avrebbero creato delle nuove produzioni concorrenziali fuori dal controllo dell’OPEC. Qualche ideologo arabo rispondeva alla preoccupazione degli economisti dicendo che il petrolio doveva essere tenuto per la prossima generazione , e che i prezzi alti offrivano due vantaggi , portavano tanti soldi nell’immediato, e lasciavano del petrolio nei giacimenti per le generazioni future
La differenza fra gli economisti ed i Ministri del Petrolio dei paesi OPEC ha costituito la vita stessa di Fadhil Chalabi , un intellettuale iracheno, con un PHD in un’Universita’ francese , che servi’ come Segretario Permanente al Petrolio nel Governo Irakeno, e fu per circa dieci anni Segretario Generale dell’OPEC, anche se con una qualifica leggermente diversa. Il libro racconta benissimo la storia di questa discussione, e delle relative frustrazioni , ed alla fine , della ritirata sia di Fadhil Chalabi e del suo grande amico Zaki Yamani, per lunghissimo tempo Ministro Saudita del Petrolio
Entrambi furono sconfitti dall’ ossessione di ottenere dal petrolio il massimo reddito possibile in ogni dato momento. Questa non era una teoria, ma una posizione su cui i membri dell’OPEC ricadevano sempre. La politica dell’OPEC era dettata , dice Chalabi citando un non identificato membro dell’OPEC, dal fatto che “l’OPEC era diventata prigioniera delle esigenze di bilancio dei singoli Stati membri”. Ancor oggi, i membri dell’OPEC quando parlano di prezzi, deducono il livello desiderato dai bisogni del bilancio del proprio Stato.
Naturalmente, il flusso di denaro e’ in alcuni casi “invisibile” dato che qualche paese non mostra alcun segno di aver investito quella enorme massa di denaro nello sviluppo del paese , ma di averla lasciata scorrere via in tanti rivoletti . Chalabi cerca , alla fine del libro, di scrivere una definizione dell’OPEC. Non e’ un cartello, cioe’ una organizzazione che da’ la massima importanza possibile alla propria quota di mercato , e combatte con pressi bassi contro i possibili concorrenti. “Il fattore piu’ importante che unisce i vari membri dell’OPEC nonostante i loro interessi cosi’ diversi, e’ l’obiettivo comune della massimizzazione immediata dell’introito”.
Questo spiega perche’ l’OPEC ha perso quota di mercato , poiche’ i prezzi alti hanno incoraggiato le nuove esplorazioni. La quota dell’OPEC sul consumo mondiale di energia primaria e’ scesa dal 27% nel 1973 all’11% nel 1984 per risalire un poco, al 16% nel 2005. Cio’ e’ dovuto non soltanto al nuovo petrolio trovato in paesi non membri dell’OPEC, ma anche allo sviluppo di altre fonti , come il gas naturale, l’energia nucleare e , sempre piu’, le rinnovabili. Oggi, la situazione dell’industria e’ ancor piu’ complessa. Il petrolio prende il suo prezzo da dei greggi non OPEC , uno Nord Americano , il “West Texas Intermediate” l’altro il Brent del Mare del Nord. Sono greggi a produzione limitata, o , come il Brent, in via di esaurimento. Il prezzo e’ dettato dal mercato dei futuri, e spinto in alto dal flusso di capitali speculativi
La necessita’ urgente di ridurre le emissioni di CO2 spinge i paesi consumatori a ridurre il piu’ possibile la quota del petrolio. Piu’ alto il prezzo, piu’ bassa la domanda , questa e’ la verita’ fondamentale che l’OPEC ha sempre negato , col risultato di ridurre la sua quota di mercato. E potrebbe anche accadere che il petrolio possa essere abbandonato anche prima di quanto sembri , data l’azione combinata dei prezzi alti, della conservazione dell’energia, dello sviluppo di fonti rinnovabili competitive, e di auto elettriche piu’ efficienti. Tuttavia, e’ necessario ricordare che la storia del petrolio e’ fatta di shocks , non di cambiamenti ordinati. Uno shock petrolifero potrebbe essere in preparazione anche adesso, dato che i paesi produttori del Nord Africa , e specialmente la Libia, sono scossi dal tentativo di cambiare i loro regimi , sembra con soluzioni piu’ democratiche.
Naturalmente, i volumi prodotti dalla Libia possono facilmente essere rimpiazzati da altri produttori , dato che non rappresentano una quota rilevante del totale. Ma il mercato dei futuri e’ estremamente sensibile ,o addirittura volatile, ed ha gia’ spinto il prezzo del petrolio a livelli non giustificati , fino ad ora, dalla realta’ della bilancia fra domanda ed offerta. Oggi, la spinta per prezzi piu’ alti viene non piu’ tanto dai paesi produttori quanto dagli speculatori, che sembrano pensare che maggiore e’ il prezzo, maggiore e’ il guadagno immediato . Essi hanno anche meno interesse al futuro di lungo termine della domanda di petrolio dei paesi dell’OPEC. Un ulteriore salto del prezzo sarebbe seguito da una ben maggiore gamma di materie prime , incluse le derrate alimentari – la cui scarsita’ si e’ gia’ manifestata’- e l’effetto sulla situazione economica mondiale potrebbe essere gravemente negativo , dato che la crisi finanziaria ed economica non e’ ancora stata del tutto superata.