Manfredi e la delega trattenuta
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Occorrono persone competenti, non solo motivate ma “appassionate” della città e della sua rinascita. Era prevedibile che sul neo-Sindaco Manfredi sarebbero piombati addosso come un tornado i mille problemi di Napoli. Cos’altro ci si poteva aspettare dopo la decennale assenza di governo? O meglio di governo dell’autoesaltazione e della presa in giro sulle magnifiche condizioni della città? Mentre i napoletani, rassegnati ai disagi, camminavano a piedi tra i rifiuti e inciampavano in strade e marciapiedi dissestati. Oppure stavano fermi, in auto causa traffico, o aspettando autobus-fantasma o treni della metropolitana bella e dannata. Senza dire dei tombini otturati dalla spazzatura, che speriamo vengano ora sturati quanto prima in vista di probabili uragani tropicali. Era pure prevedibile che il neo-Sindaco, dopo le felicitazioni e gli osanna del primo giorno, sarebbe stato oggetto della critica cui, in democrazia, cittadini e organi d’informazione giustamente sottopongono ogni decisione di chi governa. Forse può darsi che adesso se ne tenga conto, dopo il decennale menefreghismo. Imprevedibile era che Manfredi, appena messo piede nel degrado di palazzo San Giacomo, sarebbe stato criticato addirittura per come ha acceso i motori di una macchina arrugginita e sgangherata, senza i pezzi essenziali del normale funzionamento: risorse umane e finanziarie. Amministrare Napoli non è come amministrare Milano o Bologna (non città svizzere o nord-europee), dove almeno funzionano burocrazia e servizi. Si è detto e ridetto che per amministrare Napoli non basta un’unica persona al comando. Oltre alla decisiva scossa civica dei singoli cittadini, occorrono persone giuste nei posti giusti. Persone competenti, non solo motivate ma “appassionate” della città e della sua rinascita. Perché, senza una romantica passione, l’emolumento di Sindaco e assessori (modesto ma forse in ascesa) non invoglia personalità autorevoli (imprenditori, manager, docenti, professionisti ecc.) ad abbandonare impegni remunerativi per dedicarsi totalmente a un’attività che in una città disastrata non lascia nemmeno il tempo di respirare. E’ difficile perciò formare una squadra affiatata di persone competenti e appassionate disposte ad affiancare il Sindaco nella sovrumana avventura. Prova di serietà di Manfredi dunque la decisione di non distribuire subito tutte le deleghe, riservandosi di attribuirle gradualmente a nuovi assessori in un ragionevole lasso di tempo. Certo se il motivo di questa decisione – come qualcuno ipotizza – fosse voler cercare l’equilibrio delle nomine tra le troppe variegate componenti della sua maggioranza, verrebbe meno gran parte dell’apprezzamento. L’ipotesi alternativa è che Manfredi prenda tempo non per applicare il solito manuale Cencelli bensì per capire le esigenze organizzative e valutare con calma i profili più adatti, magari tenendo conto pragmaticamente (anche) degli equilibri politici. Si vedrà. Un’altra decisione di Manfredi prematuramente criticata è non nominare l’assessore alla cultura. Se ne vuole occupare personalmente. Su questo si è già pronunciato il Direttore Enzo d’Errico sottolineando tra l’altro che l’assessorato alla cultura è passato dalla seconda alla prima linea degli assessorati. Si può solo aggiungere – ricordando l’uso strumentale che ne ha fatto De Magistris dopo l’improvviso e immotivato licenziamento di Nino Daniele – che di questi tempi, se è difficile trovare assessori competenti e appassionati, è ancora più difficile trovare un assessore alla cultura degno di questo nome. Certamente va evitato il consueto abuso del polivalente termine “cultura”. Nel quale rientra sì l’erudizione (che ne costituisce il primo stadio), ma vi rientra molto altro: dal patrimonio storico-artistico all’insieme di valori tradizioni e costumi della civiltà di un popolo. E la realtà di Napoli, si sa, è caratterizzata da singolari stratificazioni, sia storico-artistiche sia economiche e socio-antropologiche. Qual è allora l’identikit dell’assessore alla cultura in una città come Napoli, dove analfabetismo diffuso e grave dispersione scolastica convivono coll’enorme quantità di beni storico-artistici e di tradizioni (aristocratiche, borghesi e popolari)? Dev’essere un manager (più o meno colto) capace di organizzare e gestire eventi in senso lato culturali della più diversa natura? Oppure uno scrittore e letterato, uno storico dell’arte, un filosofo, un musicista, una persona di teatro o di cinema ecc.? Proprio per il carattere trasversale della funzione, non sorprende che per un po’ il Sindaco trattenga per sé la delega – coll’aiuto di pochissimi Consiglieri – onde valutare la qualità delle persone e dare l’indirizzo degli eventi da programmare. Indirizzo complicato se si vogliono bandire iniziative mediocri e autoreferenziali e si vuole portare Napoli in Europa e nel mondo e portare a Napoli l’Europa e il mondo (vedi l’editoriale di Vincenzo Trione ieri sul nostro giornale). (Ffrom Corriere del Mezzogiorno, 31 ottobre 2021)[ Mario Rusciano
Professore Emerito di Diritto del lavoro, Università di Napoli Federico II. Insight - Free thinking for global social progress
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