L'inguaribile tecnocrazia europea

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Molti programmi, ma poca chiarezza e trasparenza, che rafforzano tra i cittadini la sfiducia nelle istituzioni europee.

Da anni ormai con periodicità regolare, la Commissione lancia programmi  come "Smart regulation", "Europe can do better", REFIT (Regulatory FITness and Performance), "Semplificazione e facilitazione per le PMI" ecc. Ultimo in ordine di tempo il pacchetto “Better regulation" presentato il 19 maggio 2015 dal vice-presidente Timmermans, socialista olandese. Formalmente un programma che si propone di rendere più semplice ed efficace il processo di regolamentazione soprattutto a favore della competitività nel mercato interno e delle piccole e medie imprese. A questo scopo le tre istituzioni dell'Unione (Consiglio, Parlamento e Commissione) presenteranno una lista di proposte che saranno oggetto di "revisione, semplificazione  e miglioramento". Il pacchetto Timmermans comprende una serie di documenti, che prevedono la creazione di una piattaforma di esperti, un organismo ristretto che si occuperà dello screening  e circa 164 raccomandazioni che riguardano altrettante direttive. La programmazione sarà rivista annualmente.

Nella sostanza, l’ennesimo programma che non può non rafforzare nei cittadini l'dea di un'Unione tendenzialmente tecnocratica e contraria ad ogni forma di trasparenza e chiarezza. Si alimenta così perversamente, grazie anche alle stesse istituzioni dell'Unione, l'opinione che il quadro legislativo europeo vada smantellato a favore di una non bene precisata sussidiarietà locale, regionale o nazionale.

REFIT dovrebbe garantire l’efficacia e la performance della regolamentazione giuridica comunitaria. L'obiettivo dichiarato anche in questo caso è quello di eliminare ostacoli e "appesantimenti"  non necessari. Per arrivare a tale obiettivo l'intero quadro legislativo europeo è stato posto sotto revisione; la Commissione parla di un "fitness check", un controllo sulla salute giuridica di tutte le aree politiche per le quali si ritiene ci sia bisogno di un alleggerimento. Parallelamente all'indagine della Commissione, il Gruppo di alto livello, presieduto da Stoiber  presentava un suo rapporto che andava esattamente nella stessa direzione.

La Commissione propone di sottoporre ad analisi d'impatto tutte le iniziative suscettibili di avere un'importante incidenza economica, sociale e ambientale. Prima, durante e dopo il percorso legislativo. Nel corso degli anni circa 800 milioni di Euro sono stati spesi in valutazioni, studi ed analisi senza che alcuno di questi strumenti  possa essere definito come totalmente "neutro" o  totalmente "tecnico". Trattandosi, al contrario, nella gran parte dei casi di grandi, di centri privati di ricerca o di consulenti esterni, non si può ignorare, per adoperare un eufemismo,  il rischio di una strumentalizzazione politica o economica.

Negli ultimi 10 anni la  Commissione utilizza sempre di più le consultazioni via internet (uno vale uno) con un'idea della rappresentanza democratica che lascia molti dubbi e che certamente ci interroga sul futuro della partecipazione e dell'informazione dei cittadini europei . Le consultazioni via internet non sono mai state uno strumento democratico di per sé e nemmeno realmente rappresentativo della società civile dei 28 paesi dell'UE e delle organizzazioni sociali maggiormente radicate sul territorio nazionale, regionale o locale.

Analisi d'impatto, piattaforme internet, gruppi di esperti "indipendenti" non possono sostituirsi in alcun caso alla funzione legislativa del Parlamento europeo democraticamente eletto e a quella degli organi consultivi dell'UE, il Comitato economico e sociale ed il Comitato delle Regioni.

In una prima bozza del documento Timmermans era perfino apparsa la proposta di sottoporre gli accordi tra le parti sociali europee ad una valutazione via internet, aperta a tutti, per valutare quanto e se tali accordi possano rappresentare un ostacolo al mercato interno ed alle imprese, in chiara violazione del trattato.

Da sempre i rappresentanti dei sindacati europei si sono battuti per un'Europa più forte e più solidale, chiedendo di limitare il più possibile il peso burocratico di norme pesanti nella loro applicazione. Ma è proprio in questi anni difficili da un punto di vista economico e sociale, che i cittadini e i lavoratori europei hanno bisogno di regole comuni, che garantiscano  diritti, protezione delle persone ed il loro benessere, senza che questi vengano sacrificati  agli interessi delle imprese.

Al contrario il rischio è che la giurisprudenza europea indebolita e "semplificata" lasci al libero mercato una forma di auto-regolamentazione che aggraverà il disagio della maggioranza dei cittadini, accentuerà la discriminazione e indebolirà fortemente i diritti acquisiti . Si pensi solo alla salute ed alla sicurezza dei lavoratori delle PMI : se le direttive che ne regolamentano la giurisprudenza dovessero essere cancellate, il 90% dei lavoratori europei si troverebbe fuori da ogni possibile salvaguardia legale.

Susanna Florio