Lavoratori poveri del Sud?
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Povertà e precarietà – assieme agl’infortuni mortali – continuano a essere tratti dominanti del lavoro italiano. La legge di bilancio del Governo Meloni è stata approvata nei tempi giusti grazie al voto di fiducia chiesto dal Governo: non tanto all’intero Parlamento quanto alla compatta e prona “sua” maggioranza. Intendiamoci: anche Governi precedenti seguivano spesso procedure analoghe. Ma siccome Giorgia Meloni si vanta della stabilità del suo Governo rispetto ai precedenti “traballanti”, c’era d’aspettarsi un’apertura alla dialettica parlamentare. Un Governo stabile non teme di discutere con l’opposizione o financo d’accoglierne qualche buona proposta. Invece oggi stabilità del Governo significa bavaglio del Parlamento. S’anticipa di fatto il “premierato” tanto caro a Meloni? Che difatti ha tagliato la testa al toro, cioè al Parlamento. Dove non s’è potuto discutere seriamente e serenamente il documento-base della politica governativa. Ovviamente a discapito dell’opposizione, giacché i parlamentari della maggioranza intervengono solo per celebrare i “fasti meloniani”. In sostanza l’opposizione ha discusso taluni emendamenti nello sterile confronto in Commissione. Mentre nell’aula della Camera essa ha espresso ritualmente il dissenso sulle diverse misure, nell’aula del Senato ha taciuto. Del resto tutti avevano fretta per l’incalzare del Capodanno. Solo formale dunque la cosiddetta “navetta”. I senatori sono stati mortificati al punto da dire soltanto “si” o “no” al testo approvato dalla Camera, inemendabile. Ma il vero problema è che il metodo seguito – oltre a svuotare il ruolo primario del Parlamento, della cui gravità parleremo a tempo debito – impedisce agl’italiani di capire quale visione del Paese emerge dalla manovra di fine-anno del Governo. Perché solo se si ha una seria prospettiva di crescita del Paese nel suo complesso, è possibile fare valutazioni e, in particolare, identificare le strategie politico-economiche governative. Anzitutto sull’effettiva distanza tra Nord e Sud dell’Italia, la cui riduzione è pura fantasia. Aiutano, in questo, le lucide riflessioni fatte negli ultimi giorni sul Corriere del Mezzogiorno. Anzitutto da Paolo Grassi (31 dicembre), che mette i puntini sulle “i”, dimostrando con gli esempi che, “oltre la narrazione”, l’economia del Mezzogiorno è ben lontana dall’essere florida. E inoltre (venerdì scorso) da Emanuele Imperiali, che analizza le tante crisi industriali in Campania; e da Paolo Picone che intervista i preoccupati Segretari campani Cgil-Cisl-Uil. Tra l’altro ricordiamo che le città meridionali (e nell’insieme il Sud) sono ultime in tutte le graduatorie, come quella del Sole 24 ore sulla vivibilità. E’ aumentata l’occupazione, specie al Sud? Il Governo continua a esaltarne il grande risultato, ma sempre genericamente e mai entrando nei problemi specifici di questo o quel settore produttivo e della “qualità” del lavoro. Per esempio, non parla della sciagurata diminuzione degli occupati nella manifattura (automotive e indotto). Eppure, ripeto, in Campania sono aperte molte vertenze: riguardanti i metalmeccanici e perfino il commercio. Per non parlare dei lavoratori in Cassa integrazione, facili prede del lavoro nero. Grave infine che esistano imprese disposte ad assumere lavoratori qualificati senza trovarli. Anche perché i giovani più preparati – e professionalizzati nei settori innovativi (digitalizzazione, IA ecc.) – emigrano all’estero, dove si vive meglio e si guadagna di più. Il trionfalismo del Governo su lavoro e occupazione è davvero fuori luogo. Tra gli occupati infatti vengono contati i lavoratori “poveri”: quelli a termine o a part-time involontario. Povertà e precarietà – assieme agl’infortuni mortali – continuano a essere tratti dominanti del lavoro italiano. Nemmeno un gran successo è l’aumento dei lavoratori a tempo indeterminato. I datori di lavoro li assumono senza difficoltà perché, all’occorrenza, con l’attuale normativa è facile licenziarli. Peraltro, se andiamo a guardare i settori dove s’assume di più, ritroviamo soprattutto: turismo e ristorazione; edilizia (grazie al Superbonus, che però scompare); lavoro domestico per i tanti vecchi cui occorrono badanti. Se è questa la prospettiva di crescita del Paese c’è poco da stare allegri. Le stesse assunzioni previste dalla manovra nel settore pubblico, specie nei servizi essenziali – a parte l’insufficienza rispetto alle esigenze, specialmente di sanità, scuola, ricerca e trasporti – sono necessarie ma non decisive per un’autentica crescita. Insomma prima o poi scoppierà la contraddizione tra “narrazione” del Governo e “vita reale” dei cittadini. A più di due anni dall’insediamento del suo Governo, sarà pronta Giorgia Meloni a prospettare un’organica e plausibile visione del futuro dell’Italia per una credibile crescita del Paese? Aspettiamo fiduciosi la tradizionale conferenza-stampa che la Presidente del Consiglio dovrebbe tenere nei prossimi giorni. Finalmente! (Pbblicato in "Corriere del Mezzogiorno", 5 gennaio 2025) Mario Rusciano
Professore Emerito di Diritto del lavoro, Università di Napoli Federico II. |