L’esecutivo e il Sud- Perchè si apre una nuoiva <Qiuestione>

Sottotitolo: 
Mario Draghi dovrà navigare prendendo decisioni su questioni complicate e divisive degli ultimi anni. Come escludere  che si aprano delle crepe nella strategia governativa?

La presenza nel Governo di forze diverse creerà prima o poi qualche problema. Sono forze aventi estrazione culturale e ispirazione ideale a dir poco distanti, persino sull’interpretazione stessa di “interesse superiore del Paese”. Quell’interesse invocato dal Presidente della Repubblica quale propellente del Governo nato ieri. Che non supera affatto la differenza tra destra e sinistra: uno dei primi germi oltre dieci anni fa del nascente M5S, abbastanza radicato al Sud. Il cui populismo gli fece imbarcare gente di destra e di sinistra e ora ne fa le spese.

Tra scissioni abbandoni ed espulsioni, è la testimonianza concreta che la differenza esiste e come: chi è di destra va a destra, chi di sinistra a sinistra. Purtroppo la piattaforma Rousseau è capace di ritardare un Governo ma non di esprimere la netta posizione del Movimento. Facendo i conti, qual è il senso politico del risultato? Circa 56.000 astenuti che, sommati agli oltre 30.000 votanti “no”, superano la sparuta maggioranza dei “sì” (44.177). La straordinaria efficacia della democrazia diretta consente che votino 74.000 iscritti su 120.000 aventi diritto e 46.000 se ne freghino? La supponenza dei Cinquestelle non finisce qui: pretendono di contrastare la Costituzione qualificando vincolante per i parlamentari il referendum su Rousseau. Dimenticano che, per l’art. 67 della Carta, “ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”; e, coerente col divieto di questo vincolo, per l’art. 94 co. 2, “ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante motivazione motivata e votata per appello nominale”. Comunque, pur coi travagli del partito di maggioranza relativa, Draghi avrà la fiducia del Parlamento grazie all’ampiezza delle forze favorevoli, sicché  la partenza del Governo è assicurata.      

Cessata però la retorica agiografica sul personaggio, peraltro contrastante col suo stile, Mario Draghi dovrà navigare prendendo decisioni su questioni complicate e divisive degli ultimi anni. Come escludere allora che si aprano delle crepe nella strategia governativa? Per la verità la composizione del Governo – metà “tecnica” e metà “politica” – mette in luce, come dire, una disparità tra Ministri tecnici, più competenti, e Ministri politici, un po’ meno. E’ dunque prevedibile che, sulle principali questioni economiche, saranno Draghi e i suoi tecnici a dettare la linea e nessuno oserà contraddirli.  Ma che succederà su talune questioni politiche di fondo? Qui probabilmente si aprirà una nuova versione della “questione meridionale”, sulla quale si riverberano le peripezie di Salvini.

Beninteso, scontato che la Lega ha fatto una vera e propria inversione di marcia sull’Europa – abbandonando nazionalismo e sovranismo – va detto che è un bene per la democrazia italiana avere anche a destra forze europeiste accanto alla consolidata tradizione del centro-sinistra. Ma sullo sviluppo del Mezzogiorno, come si muoveranno i due Ministri politici del Nord, Giorgetti dello Sviluppo economico e Gelmini degli Affari regionali? Riuscirà la pur brava ed energica Mara Carfagna, Ministra del Sud e della Coesione territoriale, a tener loro testa? Se infatti è vero che a spingere Salvini alla piroetta sul Governo unitario sono stati gl’imprenditori del Nord, è probabile che Giorgetti abbia a cuore più la “questione settentrionale” che la “questione meridionale”, che cioè la Lega si senta più “europeista” che “meridionalista”. Anche perché – ma questo era risaputo – gli elettori della Lega continuano a sentirsi “padani” e perciò “europei” e “secessionisti” dal Sud. Toccherà alla Ministra (nordista) degli Affari regionali fugare quanto prima e con chiarezza i nostri timori sulla famosa “autonomia regionale differenziata”. E alla Ministra Carfagna ricordare costantemente all’intero Governo l’importanza della coesione territoriale e l’intento dell’Unione Europea di riservare la maggior parte dei finanziamenti italiani alla crescita del Sud: che del resto anche secondo il Presidente Draghi è la condizione per far ripartire il Paese intero. Chissà che non sia questa la volta buona in cui Salvini – che tanto ha fatto per la vocazione (contro natura) della Lega Nord a trasformarsi in partito nazionale – ci faccia conoscere il progetto leghista per lo sviluppo del Mezzogiorno.

In ogni caso, l’oggettivo indebolimento della rappresentanza meridionale nel Governo impone, necessario contrappeso, un rapido risveglio della classe politica qui al Sud, a cominciare dalle candidature a Sindaco della Città Metropolitana di Napoli. Finora due sole candidature, diciamo così, “ufficialmente annunciate” – da tempo, attraverso De Magistris, quella di Alessandra Clemente; e ieri quella di Antonio Bassolino – entrambe provenienti dalla sinistra (che, se divisa, certo rischierà) ed entrambe, a quel che sembra, al di fuori dei partiti. A destra c’è silenzio. Solo indiscrezioni: il magistrato Catello Maresca sembra il più accreditato (in attesa del responso del CSM), ma rifiuta i simboli dei partiti di destra. E neppure questo è un buon segno. Tutti “civici” e niente “partiti”? C’è bisogno di ripetere che, se il Sud vuol farsi sentire nel Paese, occorre autorevolezza competenza e saggezza della sua classe dirigente?     

(Corriere del Mezzogiorno, domenica 14 febbraio 2021)      

Mario Rusciano

Professore Emerito di Diritto del lavoro, Università di Napoli Federico II.

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