Jeremy Corbyn, Addio alla "Terza via"
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L'elezione di Jeremy Corbyn spazza via il blairismo, come resa all'ideologia dominante neoliberista. Un suicidio del Labour, come sostengono tanti opinion maker? il suicidio era stato quello di Blair. Prima venne Bill Clinton e i suoi "New Democrats". Poco dopo Tony Blair che, con uno sforzo di fantasia, lanciò il "New Labour". La sostanza era la stessa: accogliere concetti e paradigmi del neoliberismo per competere con i partiti conservatori sul loro stesso terreno. Naturalmente gli ideologi del "New" non la presentavano in questo modo. Una resa destinata a coinvolgere anche gli altri partiti socialisti europei, specialmente in Germania, con il cancelliere Gerard Schroeder che affida le riforma del lavoro e del welfare a Peter Hartz, ex capo del personale della Volkswagen condannato per mazzette e amenità varie, e in Italia, dove lo sbandamento della sinistra era totale già da un decennio, provocato dallo shock del Pci dopo la caduta del Muro e dalla fine della Prima repubblica sotto i colpi delle inchieste Mani pulite. Le conseguenze sono state un generale arretramento delle condizioni dei lavoratori, sia dal punto di vista delle norme che del reddito (ovunque diminuito come quota del Pil mentre aumentava quella dei profitti); e una progressiva riduzione del ruolo del settore pubblico - tuttora in corso - che veniva fatto ritirare dalla gestione diretta delle imprese, del credito, poi da quella dei servizi. Oggi in Italia l'arretramento continua nei settori della salute, dell'istruzione, della previdenza, cioè a dire i capisaldi del welfare; nell'assistenza l'affidamento al privato (prevalentemente il cosiddetto Terzo settore: ancora quell'aggettivo!) è già superiore al 50% rispetto ai servizi gestiti direttamente da enti pubblici. Nel Regno Unito sono molto più avanti. Il governo Cameron si è spinto dove neanche Margaret Thatcher aveva osato. Circa un anno fa ha varato una riforma del Sistema sanitario nazionale che i media inglesi hanno definito "una privatizzazione strisciante", e da pochi mesi ha dato il colpo forse mortale a una previdenza pubblica che era già a livelli minimali. Cameron aveva vinto le elezioni nel 2010, di misura. Ma in questi anni i Laburisti Se serviva una verifica, c'è stata con l'elezione del nuovo segretario. In corsa c'erano tre blairiani e lui, Jeremy Corbyn, outsider assoluto che non aveva mai avuto incarichi di rilievo né nel partito né nel governo. Un signore cortese e non giovane (66 anni), che non parla affatto come un rivoluzionario ("La creazione di ricchezza è una cosa buona"), ma che promette una prospettiva completamente diversa da quella che ci siamo abituati a sentir proporre non solo dai conservatori, ma anche dai leader dei partiti teoricamente socialdemocratici. No a limitazioni del diritto di sciopero (l'ultima iniziativa di Cameron), più tasse ai ricchi, potenziamento del welfare (il leader Tory ha annunciato 12 miliardi di nuovi tagli), ri-nazionalizzazione delle ferrovie (la privatizzazione dagli esiti più disastrosi degli ultimi decenni) e forse anche dell'energia, investimenti pubblici. Niente di più di quello che tutti gli economisti al di fuori dell'ideologia dominante continuano a proporre fin dall'inizio della crisi. Si capiscono i commenti catastrofisti, specie dei politici della finta sinistra "New": metti che Corbyn vinca le prossime elezioni, poi quel programma lo mette in pratica, perché non ha, come Tsipras, alle spalle un paese al fallimento e non deve sottostare ai ricatti di Troike e compagnia. Non solo: il rischio più grande è che quel programma possa avere successo. Che disastro per i "nuovisti" passati e presenti.. Carlo Clericetti
Giornalista - Collaboratore di "La Repubblica.it." Membro dell'Editorial Board di Insight. Blog: http://www.carloclericetti.it |