Il suicidio dei partiti

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 Come una ampia maggioranza di governo non è  riuscita a concordare l’elezione di un nuovo presidente della Repubblica, ricorrendo alla rielezione di Mattarella.

Nei regimi democratici i governi dipendono dalle maggioranze parlamentari, e perciò sono soggetti al loro possibile mutamento durante la legislatura o in seguito alle elezioni  al sopraggiungere della normale scadenza elettorale. Ma questa tendenziale variabilità dei governi non incide sulla continuità del capo dello Stato, eletto dal Parlamento per un periodo predeterminato rispetto al quale è ininfluente il  possibile mutamento delle maggioranze parlamentari.

In definitiva, la distinzione fra il ruolo del governo e quello del capo dello Stato è nella possibile variabilità del primo e nella stabilità costituzionalmente definita del secondo.  In Italia abbiamo vissuto questa radicale differenza nella storia del secondo dopo-guerra nel corso del quale si sono succeduti sette presidenti della Repubblica,  supremi custodi della Costituzione, mentre cambiavano i governi sostenuti da maggioranze variabili quando non opposte.

Questo si verifica anche in un regime semipresidenziale come nel caso della Francia dove Mitterrand, eletto capo dello stato dal Partito socialista, per ben due volte, durante il suo doppio mandato, si trovò a dover nominare governi di centro destra. O come si verificò, successivamente, quando Chirac, presidente della Repubblica proveniente dalla destra, nominò a capo del governo Jospin del Partito socialista,  con un conseguente radicale mutamento del programma politico.

La distinzione dei ruoli che si riflette nella garanzia di stabilità del capo dello Stato è una caratteristica distintiva fondamentale . In sostanza, in un regime repubblicano la sua elezione  non coincide col colore della maggioranza più o meno provvisoria che, nel corso del tempo, definisce la formazione dei governi. La differenza è un fattore di stabilità del regime democratico e della sua corrispondenza al dettato costituzionale.

Ma la funzione essenziale e specifica del presidente della Repubblica si intreccia con la limitazione temporale del suo mandato a differenza di un regime monarchico come nel caso della Gran Bretagna o della Spagna. Nel corso dei decenni abbiamo assistito in Italia solo a un’eccezione  quando la presidenza di Giorgio Napolitano si prolungò oltre il limite tradizionale in presenza di uno stato di crisi che aveva investito non solo l’Italia ma l’intera Europa. La circostanza fu giustamente considerata eccezionale, e Napolitano dopo meno di due anni lasciò il Quirinale a Sergio Mattarella, il nuovo presidente eletto dal Parlamento.

Il caso verificatosi  alla fine di gennaio, quando il parlamento ha rinunciato a eleggere un nuovo presidente , non si è verificato in una particolare e imprevista crisi. Il paese, sia pure gravato dalle difficoltà  generate dalla crisi epidemiologica, ha ripreso a crescere, con tassi fra i più elevati in Europa. Considerata l’ampiezza dell’attuale maggioranza parlamentare a sostegno del governo, l’elezione del capo dello Stato si poneva come una pura questione di selezione fra i possibili candidati sulla base delle loro qualità , della loro biografia politica, anche indipendentemente dalla appartenenza alla rappresentanza parlamentare.  Il Parlamento aveva una pluralità di scelte possibili: dal capo del governo Mario Draghi a un componente del Parlamento, o a un esponente esterno illustratosi per le sue funzioni pubbliche o dotato di esperienza nella direzione del governo come nel caso di Giuliano Amato, negli stessi giorni nominato alla presidenza della Corte costituzionale.  

Ma la stessa vasta maggioranza che sostiene il governo non è riuscita a trovare l’accordo per l’elezione del nuovo presidente, dopo le dimissioni che Mattarella aveva annunciato alcuni mesi prima della scadenza. In sostanza, senza ragioni plausibili il Parlamento ha abdicato a una sua  funzione essenziale come la nomina di un nuovo capo dello Stato.

Abbiamo dovuto prendere atto di una maggioranza parlamentare che sostiene il governo, ma si dimostra inaffidabile e incapace di assolvere a un compito costituzionale insieme elementare e fondamentale. C’è da chiedersi quale ruolo effettivo la stessa coalizione di partiti possa assolvere in una fase di palese difficoltà del paese, segnata da un elevato tasso di disoccupazione che nel Mezzogiorno tocca un livello più alto di quello della Grecia. E mentre gli effetti della pandemia hanno aggravato le difficoltà preesistenti del sistema sanitario e della scuola. Difficoltà non nuove ma rese più acute dalla pandemia in un paese che già accusava un reddito nazionale inferiore, a  parità di potere d’acquisto, a quello dell’inizio del secolo.  

È in questo quadro che l’ ampia maggioranza di governo, responsabile di garantire un accettabile livello di stabilità politica al paese, non è  riuscito a concordare l’elezione del presidente della Repubblica, ricorrendo alla rielezione di Mattarella che, avendo con dignità assolto al suo compito durante sette anni, aveva annunciato con mesi di anticipo la decisione, conforme alla Costituzione di fatto e alla tradizione politica del paese, di considerare conclusa la sua funzione.

Che il paese attraversasse una fase difficile dominata dalla crisi pandemica è fuori discussione. Ma non è l’unico caso in Europa. Le elezioni  si sono svolte in molti paesi colpiti dalla pandemia e dalle sue conseguenze economiche e sociali. Ma questo non ha impedito il ricorso alle urne.

La Gran Bretagna, la Germania,  l’Olanda, il Portogallo hanno regolarmente convocato le elezioni. La Francia si accinge a tenerle nella prossima primavera. Ma in Italia le ordinarie regole democratiche di rappresentanza politica col ricorso alle elezioni, quando rese necessarie dalla crisi degli schieramenti, sono state sospese.

 La politica  della attuale maggioranza di governo è discutibile per la distanza tra le misure adottate e la situazione di  difficoltà di ampie fasce della popolazione colpite dalla crisi. Ma anche in queste circostanze, anzi proprio in  relazione a queste circostanze, non si poteva ragionevolmente supporre che la sua impotenza arrivasse a all’incapacità di eleggere un nuovo presidente della Repubblica  dopo le dimissioni preannunciate  con molti mesi di anticipo  dal presidente Mattarella. Un quadro di impotenza politica difficilmente prevedibile, anche al di là delle più pessimistiche previsioni.

Antonio Lettieri

Antonio Lettieri is Editor of Insight and President of CISS – Center for International Social Studies (Roma). He was National Secretary of CGIL; Member of ILO Governing Body,and Advisor of Labor Minister for European Affairs.(a.lettieri@insightweb.it)