Per il PD più correnti che idee
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Il Partito democratico, nato dall’aggregazione delle due principali forze politiche del secolo scorso, cattolici e comunisti, perde pezzi d’elettorato e punti nei sondaggi. . 2.- Il travaglio dei DemPER IL PD PIU’ CORRENTI CHE IDEE E’ strano che il Partito Democratico abbia scelto un percorso lungo e irto per riprendersi dalla sconfitta elettorale del 25 settembre. Certo l’operazione era, ed è, oggettivamente complicata per più ragioni, prima l’incessante lotta tra correnti interne. Una baraonda dove neanche Enrico Letta è riuscito a mettere ordine, benché pregato all’unanimità di tornare a Roma da Parigi per assicurare, da Segretario, l’unità del partito. Nicola Zingaretti s’era dimesso esasperato, anzi nauseato, dalle continue guerre tribali. Dimissioni di Zingaretti e difficoltà di Letta hanno inferto un colpo durissimo alla credibilità del PD, punito dalle urne. Naturali le dimissioni di Letta dopo la sconfitta. Lui però – forse illudendosi che questa sarebbe servita da lezione agli agguerriti leader delle correnti – scelse di rinviare gli effetti delle dimissioni alla data d’un Congresso decisivo per il destino del partito: non un normale Congresso, ma una sorta d’ineludibile “momento della verità”, talmente importante da giustificarne la data a molti mesi di distanza. Se l’attuale quadro è sconfortante, il futuro è fosco. Ed è un vulnus per la democrazia italiana. Se non altro perché il PD è nato, nella prima decade di questo secolo, dall’aggregazione sotto lo stesso simbolo delle due principali forze politiche del secolo scorso: cattolici e comunisti. Due forze che – a differenza di tutte le altre in campo – hanno una storica proficua militanza nella ricostruzione materiale e morale del Paese nel dopoguerra. Con diversità di punti di vista, certo, ma con unità nella fondazione della Repubblica e nella scrittura della Costituzione. E con classi dirigenti ed esperienze di governo di tutto rispetto. All’epoca intellettuali delle due aree politiche criticarono la “fusione fredda”, perché l’unirsi non era frutto d’una meditata costruzione strategica unitaria e lungimirante bensì d’una circostanza contingente: Berlusconi, senza andare per il sottile, aveva riunito svariate componenti della destra; per contrastarlo occorreva unirsi anche a sinistra. Una seria prospettiva politica avrebbe invece richiesto ben altri itinerari filosofico-politici. Per esempio: un confronto sulla concezione d’un nuovo umanesimo nella modernità e sulla visione complessiva dell’Italia nell’era post-industriale. Tutto sommato, cambiando i tempi, erano molto cambiati sia i cattolici sia i comunisti: avvicinandosi negli obiettivi se non nello stile di vita. A tre lustri dalla nascita del PD perdura la convergenza delle due opposte culture politiche? Sono davvero superati i conflitti culturali del ‘900 intorno alla “persona”, alla “società”, all’“eguaglianza”? Quanto pesano sul PD le differenze socioculturali tra chi proviene dal popolarismo e chi proviene dal comunismo? (Da Corriere del Mezzogiorno, 15 gennaio 2023), Mario Rusciano
Professore Emerito di Diritto del lavoro, Università di Napoli Federico II. |