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All'origine dela sconfitta politica socialista il nodo drammatico della disoccupazione e della precarietà che sta bruciando una generazione.
Esiste senza dubbio un profondo intreccio tra il risultato elettorale (22 Maggio) alle amministrative spagnole (collasso senza precedenti dei socialisti) e il movimento degli “indignati” del 15 Maggio (data inizio del medesimo). Vediamo perché.
1. Chi manifesta nelle piazze spagnole? Sono, in primo luogo, giovani disoccupati e precari, i “milleeuristi” ma anche i “zeroeuristi”. E poi anche studenti, pensionati, gente del popolo e dei ceti medi che ora non riesce più a pagare il mutuo della casa e partecipa alla sofferenza sociale di figli e nipoti. In altre parole: protesta chi è stato colpito dalla crisi e dalla sua gestione e chi teme di non avere un futuro.
2. Cosa chiedono i manifestanti? Ho trascorso del tempo alla Plaza del Sol, epicentro della protesta. Tante richieste ma tre in particolare. Prima: partecipazione democratica nella vita dei partiti e delle istituzioni estendendo l’uso di Internet che consente forme nuove di espressione sociale. Seconda: non accettare le formule imposte dal capitale finanziario internazionale ma colpire le banche che hanno sperperato i soldi dei cittadini e hanno facilitato l’uso facile dei prestiti, in particolare per l’acquisto delle case. Terza: affrontare alla radice il nodo drammatico della disoccupazione e della precarietà che sta bruciando una generazione. La seconda e la terza richiesta sono tra loro strettamente intrecciate nella coscienza degli “indignati”.
3. Movimento qualunquista o populista? Niente affatto. Colpisce la maturità, la serenità, la pacatezza dei manifestanti. Niente provocazioni, niente violenza. Chi pensava, o sperava (i settori oltranzisti della destra), che il tutto degenerasse ha dovuto ricredersi. Il fenomeno appare profondamente diverso dai movimenti studenteschi del ‘68. Gli indignados, quando ho chiesto loro se erano di destra o di sinistra, non hanno avuto dubbi: noi siamo di sinistra ma non accettiamo una sinistra che non ci ascolta e porta avanti la stessa politica economica che farebbero i conservatori.
Conclusione. Ora tocca in primo luogo ai socialisti spagnoli dimostrare di essere all’altezza di questo enorme disagio e di questa inedita sfida. Glielo chiede con estrema forza e chiarezza l’M-15 ma anche una enorme massa di cittadini che esprime comprensione e simpatia nei riguardi degli indignati. Ma ciò, reclamano nei fatti costoro, richiede una rivoluzione culturale all’interno del Psoe. Non solo. Cresce la consapevolezza che le soluzioni di sinistra alla crisi non si possono trovare all’interno dei singoli paesi. Che occorre una sinistra all’altezza della crisi globale. In definitiva: questione democratica e questione economica sono due facce della stessa medaglia che richiedono inedite risposte progressiste a livello internazionale.
In fondo, amaro paradosso, questi temi, in particolare la questione democratica, “saper ascoltare i cittadini”, erano già presenti nel primo Zapatero ( il vincitore delle elezioni del 2004, segnate dalla indignazione per la guerra in Iraq). Che paga, e ne è sicuramente consapevole, il non aver tentato una risposta all’altezza delle domande popolari. Ora occorre uscire dal letargo e recuperare. Ciò sarà possibile a una condizione: ascoltare e capire cosa esprime la società che non si riconosce più nei partiti tradizionali e di cui gli indignati rappresentano la punta dell’iceberg.