Il linguaggio della politica

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La tendenza alla semplificazione del linguaggio, all’appiattimento sloganistico dei concetti è la stessa che promuove e diffonde la presenza pervasiva dei cosiddetti “opinionisti”.

Sul “Financial Times”  è comparso un articolo intitolato “Latin and Greek are not dead languages in modern France”, a firma di Victor Mallet.

Nel testo, scritto con raffinata e non superficiale arguzia, si segnala come, tra gli uomini politici francesi di oggi, il riferimento alle lingue classiche sia frequente e consapevolmente ricercato, segno di una “reciprocal fascination” tra intellettuali, politici e rappresentanti del mondo degli affari.

Alcuni esempi: la presidenza macroniana viene definita “jupiterienne”; lo stesso Macron vuole essere allo stesso tempo “Cesare e tribuno della plebe”; a proposito poi del discusso e potentissimo capo della Renault-Nissan Carlos Ghosni, arrestato in Giappone, è stato scritto “Ah, la Rupe Tarpea è davvero molto vicina al Campidoglio”.

Del resto anche Boris Johnson ha paragonato la tormentata vicenda della Brexit al supplizio di Prometeo, il cui fegato era lacerato ogni giorno dagli artigli di un’aquila. Ma se, sostiene Mallet, i Brexiter, con il loro ricorso al latino e al greco, vengono tacciati di snobismo dai loro avversari, in Francia il riferimento alla classicità (in merito alla stessa Brexit, ad esempio, si parla di “calende greche”, di una crisi “proteiforme”) è quasi naturale e accettato nella generalità.

Secondo lo scrittore Laurent Gaudé, il mito classico, soprattutto greco, è ancora capace di “spiegare” il mondo di oggi. Così, i feroci islamisti che trascinano i cadaveri dei nemici attaccati ai loro pick-up fanno rivivere gli orrori della guerra di Troia.

In Francia dunque, i politici, gli alti funzionari e gli uomini più in vista del sistema industriale e finanziario non si vergognano di essere anche degli intellettuali con radici profonde nella tradizione culturale europea, tanto da sconcertare talvolta chi a quella cultura è ormai estraneo. Divertente e significativo a tal proposito il fraintendimento di una frase di Macron, il quale, in un recente summit a Bruxelles, avrebbe affermato che l’allargamento della UE ad altri paesi dell’est del Continente è diventato “la teologia dell’Europa”, laddove il presidente francese aveva parlato in realtà di “teleologia”, una parola evidentemente ignota ai giornalisti presenti, che l’hanno prontamente corretta in una a loro più familiare.REPORT THIS AD

E in Italia? Nella culla dell’Umanesimo, che può vantare una licealizzazione diffusa fin quasi alla patologia (oltre il 50% degli studenti italiani frequenta un liceo – o sedicente tale), i riferimenti linguistici e culturali più diffusi tra gli uomini politici e di cultura che scrivono sui giornali o parlano in televisione sono quelli … al mondo del calcio.

Fateci caso: “finire ai calci di rigore”, “il primo ministro è come l’allenatore di una squadra”, “trovarsi in zona Cesarini”, “salvarsi in calcio d’angolo”, “stare in panchina” e così via pallonando.

Il degrado del dibattito pubblico, anche e soprattutto dal punto di vista linguistico e dei paradigmi di riferimento, è sotto gli occhi di tutti: è tutta una rincorsa all’ingiù, alla corrività, al solecismo, al turpiloquio. Per un malinteso volere “andare verso la gente”, considerata evidentemente come una massa inerte di persone capace di nutrirsi solo di omogeneizzati, ci si vanta pubblicamente di “parlare come si mangia”, di “essere come tutti”, negando così la necessità della formazione e della conservazione delle élites alla base di un regime democratico.

La tendenza alla semplificazione del linguaggio, all’impoverimento del lessico, all’appiattimento sloganistico dei concetti è la stessa che promuove e diffonde la presenza pervasiva dei cosiddetti “opinionisti”, capaci di interloquire su tutto senza nulla sapere, che, parafrasando quanto scrive Carl Kraus a proposito dei giornalisti, “parlano perché non hanno niente da dire e hanno qualcosa da dire perché parlano”

Una tendenza questa che, se proseguita con pervicacia, non potrà che condurre alla totale afasia.

Claudio Salone

Professor of ancient literatures, Rome - https://claudiosalone39.wordpress.com/

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