Sottotitolo:
Insight ha chiesto l'opinione di economisti e commentatori politici intorno al previsto cambiamento dello scenario politico in Italia. Hanno risposto Nicola Acocella, James K. Galbraith, Maurizio Franzini, Dean Baker, Bruno Amoroso, Sergio Cesaratto, Ruggero Paladini, Paola Brianti, John Weeks.
Il maggiore evento politico nella zona dell’euro all’inizio del 2012 è stata la chiara vittoria di François Hollande in Francia. Alla fine dell’anno un cambiamento analogo si prospetta in Italia, dove il Partito democratico è considerato vincente alle prossime elezioni generali di febbraio 2013. Si tratta dei due maggiori paesi dell’eurozona dopo la Germania. In un mondo normale, il fatto che due partiti di sinistra soppiantano i governi precedenti, il centro-destra di Sarkozy in Francia e il governo tecnocratico di Monti in Italia sarebbe il segnale di una svolta importante nella politica europea. Che si tratti di una svolta auspicabile è fuori discussione. Che effettivamente possa essere realizzato rimane una sfida ardua.
La recessione è il dato dominante con il PIL in riduzione nel 2012 (-0,5) e, secondo le previsioni (-0,2) nel 2013. Ma l’anomalia si spinge oltre: con la ripresa che dovrebbe partire dalla metà dell’anno prossimo, avremo nel quinquennio 2012-2017 una crescita media intorno all’1,1 per cento. Se consideriamo che nel quinquennio precedente (2007-2012), abbiamo assistito a una decrescita media prossima all’1 per cento, La triste conclusione è di un decennio perduto.
Ma l’euro non era nato per rafforzare la posizione dell’’Europa rispetto al resto del mondo? Si dirà che è intervenuta la crisi. Di dimensione globale. Questo è vero. Ma gli Stati Uniti dove la crisi è esplosa hanno fatto registrare due anni di recessione (2008-09) e quelli successivi con una crescita media del PIL leggermente superiore al 2 per cento, e un consolidamento (intorno al 2,3 per cento) nel prossimo quinquennio.
Se questo non è il fallimento della politica adottata nell’eurozona, bisognerà scovare un lessico apposito per descriverne gli esiti. (the dismail outcomes), segnati dalla disoccupazione crescente, dalle nuove povertà, da una generazione senza futuro.
Avendo menzionato il cambiamento politico avvenuto in Francia e prospettato in Italia, la domanda è se questi due paesi si rassegneranno alla deriva imposta da una politica sbagliata o se si porranno l’obiettivo di cambiarla. Il che comporta un confronto aperto con la Germania. Il futuro politico del centro sinistra in Italia – se le previsioni di successo si avvereranno – è legato al cambiamento di politica dell’eurozona. Senza un cambiamento significativo, il rischio di finire come i precedenti governi di sinistra dell’Europa mediterranea sono in agguato.
L’equivoco sta nell’alternativa che pone l’establishment politico-economico- mediatico, quando chiede una scelta di campo fra il mantenimento dell’euro o il suo abbandono. Uscire dall’euro è un’opzione che non può essere esorcizzata. Ma non rientra nelle opzioni dell’annunciato centro-sinistra italiano, guidato da Bersani, come non rientra nelle opzioni della presidenza di François Hollande. La scelta si pone in altri termini: continuare con la fallimentare politica basata sul binomio austerità-riforme strutturali di chiara connotazione antisociale, il cui risultato finale è la disgregazione dell’euro; o imporre a Berlino il cambiamento di questa politica con l’obiettivo di salvare l’euro dalla sua tendenza suicida.
Un compito indubbiamente difficile. Ma a cosa serve cambiare i governi, se non è possibile cambiare le politiche manifestamente sbagliate e autolesioniste dei governi precedenti?
Le risposte che un gruppo di economisti e collaboratori italiani (Acocella, Amoroso, Brianti, Cesaratto, Franzini, Paladini) e stranieri (Dean Baker, James Galbraith e John Weeks) hanno dato alle domande poste da Insight nella prospettiva di un cambio di governo in Italia, pur diverse nelle impostazioni, forniscono una base più ampia di discussione. E vorremmo sottolineare il suggerimento che James Galbraith invia al prossimo governo italiano di promuovere un aperto dibattito in una comunità internazionale di specialisti non certo per definire le scelte politiche che evidentemente spettano al governo e al Parlamento, ma per analizzare e elaborare le idee di base di un cambiamento possibile quanto necessario.
Antonio Lettieri
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Domande
1- Come un nuovo governo di centro sinistra in Italia potrebbe operare con successo in un contesto contraddittorio segnato, da un lato, da un clima interno di recessione e da una crescente disoccupazione, e, dall'altro lato, dalle rigorose politiche di austerità imposte dall' eurozona ?
2 - E 'credibile, e a quali condizioni, che la politica tedesca cambi sotto la pressione dei francesi e italiani governi di sinistra?
3 - Può l'aanunciato governo di centro-sinistra imprimere una nuova direzione alla politica praticata dal governo di Mario Monti, o è destnato a seguire il destino di altri governi di centro-sinistra, come è successo in Grecia con il governo socialista di Papandreou e in Spagna con Zapatero?
4 - Quale dovrebbe esere, in pratica, il il primo passo del nuovo governo ?
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Nicola Acocella*
1. Il nuovo governo dovrà, in effetti, operare in un contesto difficile. Tuttavia, un certo numero di cose può essere fatto con successo, fissando charamente le priorità e soprattutto chiedendo il consenso dei cittadini. Credo che questo possa essere guadagnato accompagnando ogni politica di rigore con impegni chiari e, possibilmente, non rinviati a scadenza troppo lontane - impegni che funzionino come bilanciamento o indicatori del cambiamento nella direzione delle priorità.
2. La politica tedesca non cambierà prima delle elezioni. Potrebbe cambiare in modo significativo solo dopo le elezione dl settembre, a seconda di una serie di circostanze. Angela Merkel potrebbe cambiare la sua posizione, se messa sotto pressione, cosa che Hollande non sembra incline a fare. Ovviamente le cose potrebbero cambiare se vi è un cambiamento di governo, ma non sono un esperto di politica tedesca per dire in che misura questo dipenda dal, e se, i socialdemocratici e il Partito verde siano una valida alternativa dal punto di vista del cambiamento nella direzione delle politiche europee e dell'architettura istituzionale, e in particolare la missione attribuita alla BCE. C'è qualcosa di più del partito politico in carica nel dettare l'atteggiamento della Germania nei confronti delle politiche economiche europee e delle istituzioni (per i tedeschi il debito è un peccato e la deflazione non è un problema, in quanto hanno rimosso questa parte della loro storia più direttamente legata al nazismo).
3 Il governo Monti non è solo un governo formato da tecnici, ma anche un governo orientato da uno specifico orientamento politico ( di destra). Gran parte dei risultati di un nuovo governo dipende da: a) Il tipo di maggioranza ottenuta dalla sinistra (sinistra o di centro-sinistra?); b) dalla composizione di questa alleanza e dalla sua coesione; c) dalla chiarezza e capcità di convinciamento del suo programma.
4. I primi passi dipenderanno da una serie di circostanze. Supponiamo il migliore deli scenari possibili: una larga maggioranza, la coesione tra i partner politici, il sostegno di Hollande. In questa situazione il governo dovrebbe adottare immediatamente misure incisive.
* Professore di Politica economica presso l'Università di Roma "<?xml:namespace prefix = st1 />La Sapienza".
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James K. Galbraith *
Credo che, come primo passo, un nuovo governo italiano dovrebbe costituire un Gruppo internazionale per il cambiamento in Europa, composto da persone credibili che possano contribuire all'elaborazione e all'articolazione di una nuovo complesso di politiche e, se necessario, diintervento sulle istituzioni. Lo scopo del Gruppo sarebbe:
1) Liberarsi dei cosiddetti "tecnocrati" che hanno finora dominato la politica finanziaria degli Stati europeiin Europa e, più di recentemente in Francia.
2) Sviluppare un nuovo programma politico per l'Italia da promuovere nelle istanze europee
3) Creare un coordinamento con gli altri governi progressisti in Europa (e altrove).
4) Preparare il terreno, con un attento studio, nel caso in cui l'Europa non riesca a cambiare le sue politiche, per intraprendere e misure più drastiche, ove si rivelino necessarie.
A mio parere questo è un primo passo. L'Europa deve cambiare le sue idee prima di poter cambiare qualsiasi altra cosa. Il triste destino di altri governi di sinistra in Europa si è verificato, in primo luogo, perché i leader politici sono stati circondati da persone prive di fantasia, convenzionali, tratte dagli stessi circoli che hanno sempre dominato la politica economica e finanziaria.
L'Italia ha una grande riserva di talenti e di conoscenze economiche che non sono mai stati effettivamente utilizzati dai suoi governi. Potrebbe giovarsi della collaborazione di un gruppo internazionale di specialisti disposti a collaborare. E con l'appoggio di uno dei governi più importanti in europa un tale gruppo potrebbe sviluppare un processo di cambiamento delle idee oggi dominnati.
Per quanto riguarda la Germania, ritengo molto significativa la presa di posizione del Comitato esecutivo della IG Metall dello scorso ottobre, in quanto enuncia i principi per un cambiamento di rotta in quel paese. la dichiarazione di un sindacato non è certo l'espressione della politica nazionale - ma ancora una volta, il primo passo è quello di cambiare le idee, e questo deve iniziare con le voci autorevolmente presenti nel paese stesso.
* Professore, University of Texas,t Austin. Il suo libro più recente è "Inequality and Instability".
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Maurizio Franzini *
!. Anche in questo quadro contraddittorio– che, comunque, un governo di centro-sinisra dovrebbe impegnarsi a modificare – qualcosa può essere fatto. Un principio da seguire potrebbe essere la vecchia idea keynesiana – che trova confema in alcuni recenti studi del Fondo Monetario Internazionale – secondo la quale l’espansione della spesa pubblica determina un aumento del reddito che è un multiplo di se stessa. Questo rende possible ottenere sia un aumento nei redditi sia un eccesso del gettito fiscale sulla spesa, come richiesto dal Fiscal Compact.
Questo contesto moderatamente espansionistico potrebbe essere rafforzato da una serie di politiche circoscritte ma tra loro complementari , le quail potrebbero anche corregger alcune delle caratterisiche meno accettabili del nostro sistema economico e sociale.
Un esempio potrebbe essere quello di introdurre una serie di ragionevoli “tasse verdi (pigouviane)” e usare il loro gettito in parte per finanziare le politiche industriali e in parte per elevare I redditi netti da lavoro. In realtà, politiche industriali ben disegnate possono essere del tutto coerenti con politiche dirette ad accrescere I redditi da lavoro, specialmente I più bassi. Quest’ultimo obiettivo potrebbe essere raggiunto anche con altre misure: l’innalzamento dei salari minimi, l’eliminazione di alcune delle forme “peggiori” di contratti flessibili. Queste tre misure, nel loro insieme, potrebbero raggiungere l’obiettivo di scoraggiare alcune delle azioni più dannose per la sostenibilità, quello di sostenere l’innovazione e la produttività e quello di rinvigorire la domanda di consumo riducendo anche le disuguaglianze.
Nel contesto delineato in precedenza tutti questi effetti potrebbero essere limitati, e tuttavia resterebbero importanti.
Naturalmente molto di più potrebbe essere fatto se il nuovo governo si impegnasse a cercare di cambiare il contesto europeo, come dovrebbe essere fatto.
2 . E’ difficile dire quanto efficaci potrebbero essere pressioni esterne dirette a produrre un cambiamento radicale nelle politiche tedesche. Probabilmente esse avrebbero effetti limitati. Comunque, se gli equilibri politici in Germania si spostassero verso la siistra le cose potrebbero prendere una piega ben diversa. Il candidato dell’SPD alla carica di cancelliere, Peer Steinbrueck, recentemente ha dichiarato di essere a favore di politiche che riducano la disuguaglianza e si è espresso a favore di una tassa patrimoniale. Steinbrueck è una personalità controversa comunque queste affermazioni giustificano un certo ottimismo. Se l’SPD dovesse vincere le prossime elezioni e se questi punti, e altri di analogo tenore, fossero davvero inclusi nel suo programma la prospettive in Europa potrebbero migliorare molto e anche il compito del nuovo governo italiano diventerebbe più semplice.
3. E’ certamente possible. Le parole-chiave sono equità e lotta alla disuguaglianza. Quest’ultima può essere condotta senza intaccare le forze della crescita, anche se non c’è alcuna automatica connessione tra più bassa disuguaglianza e più alta crescita. Il modo nel quale si affronta il problema dellla disuguaglianza non è indifferente rispetto agli effetti sulla crescita. Anche in questo caso le complementarietà tra le diverse politiche sono molto importanti.
Una condizione preliminare per sfuggire al destino della Grecia e della Spagna è di essere consapevoli che la riduzione delle disuguaglianze è importante di per sè e può essere compatibile con una crescita più elevata, anche se ciò non avviene in modo automatico. Questo richiede una cultura economica appropriata. Un’altra condizione preliminare è di essere indipendenti dale potenti lobbies di coloro che sono in cerca di ulteriore disuguaglianza (per loro vantaggiosa), piuttosto che il contrario. A mio parere la mancanza di queste due pre-condizioni costituisce buona parte della spiegazione del fallimento della sinistra in Spagna e Grecia.
4. Iniziare a pensare in termini di complementarietà tra le politiche e erigere barriere altissime per proteggersi dalle perverse pressioni che verranno dai potenziali perdenti del “nuovo corso”, che sono, poi, I veri nemici di una società inclusiva.
* Professore di Politica economica presso l'Università di Roma "La Sapienza".
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Bruno Amoroso *
1. Ovviamente, un nuovo governo di centro-sinistra non può e non vorrà cambiare politica: Questo è stato espresso con chiarezza dai loro leader. Quindi, perchè dubitare della serietà delle loro intenzioni e occuparsi di alternative inesistenti?
2. La politica tedesca non cambierà e riceverà sostegno dall’Italia e dalla Francia contro gli interessi dei popoli europei.
3. Il nuovo governo segurà così la sorte degli altri governi di sinistra in Europa, come in Spagna e in Grecia.
4. Non so cosa vorrà fare il nuovo governo ma il problema è quello di creare una situazione parlamentare e di opposizione popolare nel paese che renderà impossibile la sua esistenza già durante I suoi primi cento giorni. Altrimenti la strada verso un nuovo potere sutoritario in Europa - come e peggio di quello sperimentato in Italia con il governo Monti –sarà inevitabile.
* Professore emerito dell'Università di Rotskilde
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Sergio Cesaratto *
1. E’ assai importante che il nuovo governo abbia idee chiare circa ciò che è sbagliato nelle poitiche economiche europee (quasi tutto) e abbia una lista di misure che potrebbero aiutare l’Europa a uscire dalla crisi. L’idea che la crescita è guidata dalla domanda dovrebbe essere centrale. A questo riguardo, l’Europa dovrebbe costruire nuove istituzioni con al centro politiche monetarie e fiscali coordinate ed espansive (incluso in questo un nuovo statuto per la BCE), sostenere una più giusta distribuzione del reddito diretta e indiretta (via stato sociale), calibrando questi strumenti allo scopo di attenuare gli squilibri commerciali infra-Europei che sono risultati, fra l’altro, dall’euro. Il nuovo governo dovrebbe e potrebbe immediatamente costruire un consenso dei migliori economisti europei e italiani attorno a questa piattaforma. Ma a questo ci si deve pensare ora, mentre la consapevolezza del centro-sinistra della gravità della crisi appare limitata. Un futuro governo di centro-sinistra potrebbe presentarsi come rappresentativo delle migliori visioni critiche dell’austerità. Questo lo fenderebbe più credibile della coalizione pro-Monti/pro-austerità e della demagogia Berlusconiana.
2. Per l’Italia è una questione di vita o di morte e in questi termini essa va posta alla Merkel. E’ importante che il governo italiano costruisca un consenso globale – di governi europei ed extra-europei, opinioni pubbliche, economisti – attorno a un insieme di politiche alternative e, nel lungo periodo, per un diverso assetto istituzionale dell’UE ma non secondo le proposte eazionarie della Germania, o quelle ridicole recentemente proposte dalla Commissione Europea – una camomilla per un cancro). Il problema non è solo la Germania, ma anche la Francia. Probabilmente c’è un impegno politico tedesco a sorreggere la Francia, e quest’ultima non lo vorrebbe perdere schierandosi con l’Italia. Per esempio, la DB – che domina la vita politica tedesca, si dice – potrebbe ritirare i capitali dalla Francia facendo esplodere gli spread. La recente sentenza di un giudice americano contro la ristrutturazione del debito argentino anche non aiuta paesi che decidano di non morire di debito. Sfortunatamente a questi eventi si presta poca attenzione in Italia.
3. Molto probabilmente sì, data la poca chiarezza circa un progetto alternativo per l’Europa. Se uno non sa cosa vuole, e si siede al tavolo coi tedeschi con l’idea che tanto non si può fare o ottenere nulla, o che i socialisti europei saranno solidali, o che si devono attendere le ennesime elezioni tedesche, beh, allora si è perduti. L’Europa non è al centro del dibattito, ovvero è lasciata alla demagogia di Berlusconi (come facilmente prognosticavo in una prima stesura di queste note). La “carta d’intenti” delle primarie era un disastro: un piegarsi acritico all’Europa.
4. E’ necessario molto lavoro preparatorio ora. La fine dell’austerità è il punto inderogabile. A questo scopo va proposto un diverso OMT (l’offerta di Draghi di un sostegno della BCE ai debiti sovrani in cambio di cessione di sovranità fiscale). Il nuovo OMT dovrebbe implicare un impegno aperto della BCE a ridurre i tassi italiani ai livelli pre-crisi; il nostro paese dovrebbe poi sottoscrivere una “condizionalità Keynesiana” impegnandosi a stabilizzare il rapporto debito pubblico/Pil (e non suicide riduzioni). Questa regola fiscale, se accompagnata da cospicue riduzioni dei tassi, è compatibile con politiche di deficit spending necessarie a sostenere la domanda (ripeto, pur stabilizzando i debiti pubblici). Politiche simili dovrebbero naturalmente essere adottate da tutti i paesi europei. Un consenso maggioritario del G20 attorno a queste proposte potrebbe essere ottenuto. Il PD organizzi una conferenza coi migliori economisti stranieri (Krugman, Wyplosz, De Grauwe ecc), senza dimenticare quelli che in Italia hanno visto prima e meglio l’andazzo delle cose, a differenza dei prudentissimi economisti vicini al PD. La situazione è tragica, e politiche di piccoli passi e speranze è ciò di cui non abbiamo proprio bisogno.
** Professore ordinario di Politica economica, Università di Siena.
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Ruggero Paladini *
Il nuovo governo inizierà ad operare in una situazione di recessione; ciò richiederebbe iniziative decise, a livello europeo in particolare, per sostenere la crescita; ma l’avvicinarsi delle elezioni in Germania porterà la Merkel a irrigidirsi sulla linea “prima i compiti a casa”, rivolta ovviamente ai soliti paesi latini. Il nuovo governo ha però una carta da giocare, cioè un arco temporale di cinque anni in cui può delineare un percorso di riduzione del debito non immediato, programmando un maggior volume di spese in conto capitale.
2. Fino alle elezioni è ben difficile che il governo tedesco possa concedere qualche cosa; nel caso di una vittoria Spd-Verdi qualche maggiore spazio si può aprire. Peer Steinbrueck, il candidato socialdemocratico, appartiene all’ala moderata, e in passato ha espresso critiche alle politiche keynesiane di sostegno all’economia. Però recentemente ha fatto delle affermazioni più di sinistra, compresa l’idea di una messa in comune di una parte dei debiti sovrani dell’eurozona. Con un cambio di governo ipotesi di rilancio delle economie europee diventano più concrete, sia a livello comune che permettendo un allontanamento dai vincoli di bilancio per le spese in conto capitale.
3. Il nuovo governo dovrebbe formulare un programma quinquennale volto a finanziare (con risorse pubbliche e private) programmi di investimenti in ricerca, soprattutto applicata al settore industriale, anche ammettendo un maggior deficit. Dovrebbe inoltre intervenire per correggere la diseguaglianza distributiva, modificando opportunamente il sistema fiscale. In particolare dovrebbe eliminare gli incentivi fiscali alla produttività (legati ai contratti di secondo livello), che costituiscono un modo sbagliato di affrontare un serio problema del nostro paese, e che sono incompatibili con un coerente profilo dell’Irpef.
*Professore di Scienza delle Finanze, Università di Roma "La Sapienza". Member of the Economic Board of Insight
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Paola Brianti *
Siamo entrati nell’euro, anche se ci stiamo stretti, ma siamo ancora ben lontani dall’avere acquisito una mentalità europea.
I privilegi, di qualsiasi tipo, debbono venire eliminati, l’Italia non è più in grado di garantirli se non a prezzo di una forte depressione che porterebbe in breve ad una miseria generalizzata con conseguenze preoccupanti anche per la sopravvivenza stessa della democrazia.
E’ inutile nascondercelo. Le classificazioni di politica di destra o di sinistra sono ormai tramontate, i giovani non ci credono più e le ideologie fanno parte di un passato definitivamente concluso. Ma non per questo i problemi sociali sono scomparsi o sono stati risolti. E’ il modo di affrontarli che caratterizzerà le linee future della politica di chi sarà chiamato a governarci, di qualunque schieramento sia.
Siamo stati classificati come uno dei paesi più corrotti del mondo e la nostra credibilità internazionale non ha mai raggiunto livelli bassi come quelli di oggi. Se non ci fosse l’euro, la nostra Lira sarebbe poco più di carta straccia. E’ ora di voltare pagina se vogliamo salvarci, perché per la retorica e per i faticosi arrangiamenti che hanno caratterizzato le nostre scelte fino ad oggi, non c’è più tempo, né più ci sono risorse disponibili.
Il governo e la scuola. L’Italia, come e più degli altri paesi dell’Unione, potrà risollevarsi soltanto quando riuscirà ad avere il coraggio di attuare una politica laica. E non nel senso di una politica laicista o anticlericale, che sarebbe ancora peggio, ma nel senso di sapere individuare obiettivi utili al Paese e di fare ogni sforzo possibile per raggiungerli, senza interferenze esterne. La scuola pubblica deve ritrovare la sua dignità e su di essa deve concentrarsi la massima attenzione di chi governa una nazione. Stiamo diventando il paese più ignorante d’Europa e forse di una buona parte del pianeta perché abbiamo dimenticato le basi vitali della nostra cultura, e anche perché abbiamo ceduto alle lusinghe delle scuole private non sempre all’altezza del loro ruolo.
Parallelamente alla necessità di una scuola più attenta alla formazione culturale e morale dei ragazzi, è urgente trovare una soluzione per l’assistenza degli alunni nel periodo di tempo che intercorre tra la fine delle lezioni e la fine degli orari di lavoro dei genitori. Molti paesi europei hanno risolto brillantemente il problema con istitutori che proseguono il normale lavoro quotidiano degli insegnanti. Da noi è ancora caos. Quando non è possiible affidare i bambini a qualche familiare, ci si trova costretti ad affidare i figli a qualche scuola privata nelle ore che intercorrono tra la fine delle lezioni e la fine della giornata lavorativa, con ulteriori spese dovute anche al trasporto da una scuola all’altra ed a ricorrere all’assunzione di qualche baby sitter, con aggravio notevole del bilancio familiare e, spesso, con forti disagi anche di ordine psicologico per i bambini. La situazione coinvolge tutto il Paese ed è diventata ormai motivo di forte disagio generale, nonché di pesante riduzione di reddito
* Giornalista
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Dean Baker
If a new Italian government will not contemplate leaving the euro, then it will have little policy leeway. Basically, it will have to go along with the continued push for austerity by Germany. At best it may hope for some minimal leeway in terms of deficit targets.
The obsession with inflation runs deep in Germany and crosses political parties. It is like the belief in creationism among fundamentalists Christians in the United States. It is not going to change regardless of who wins the next election there. This means that the best an Italian government can do is to adjust to a path of weak growth or even contraction, which is imposed as an external policy by the Troika.
There are steps that can be taken to make the experience less painful. At the top of the list is the promotion of work sharing to try to ensure that as many people are employed as possible given the limited amount of work available. This has actually been the secret of Germany’s low unemployment rate. Its growth since the downturn has not been especially robust. Yet, its unemployment rate has fallen from 7.8 percent at the start of the downturn to 5.4 percent at present.
Italy can try to give similar incentives to its employers to keep people on the job working shorter hours as an alternative to laying them off. It’s unlikely that it will be as successful as Germany in this respect, but this is probably its best route to lowering unemployment in a context where more rapid growth is an impossibility due to the austerity being imposed.
There are some other measures that can be done to try to facilitate the adjustment process within the given constraints. The most important would be a vacant property tax. Rent typically accounts for between a quarter and a third of workers’ consumption spending. If a tax can put downward pressure on rents by giving landlords more incentive to put housing on the market, then it would effectively lead to an increase in real wages.
A 10 percent decline in rents (a high target) would imply a rise in real wages in the range of 2.5-3.5 percent. Given the constraints under which Italy is operating, there are few other policies that could have a comparable effect. This could facilitate the adjustment to lower nominal wages which is the path being demanded by the troika.
Italy should also seek to push as far as possible, within treaty constraints, to reduce its protections for patents and copyrights. These forms of protectionism hugely increase the price of prescription drugs, software, recorded music and video material and other items. If Italy can take maximum advantage of flexibilities allowed under TRIPs and other international agreements, it can lower the price of protected products thereby also increasing real wages.
These might not sound like very adventurous policies, but if Italy refuses to leave the euro, then it must look in this direction for ways to boost its economy. There is no alternative path.
* Co-director of tCenter for Economic and Policy Research - CEPR - Washington His latest book is" The End of Loser Liberalism: Making Markets Progressive".
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John Weeks *
1. One of the few true statements Silvio Berlusconi ever made was in the closing days of his premiership, when he denied that Italy suffered from a deficit or debt crisis. Throughout the last ten years, Italian governments could boast of the largest primary budget surplus in the euro zone (total deficit minus interest payments on debt). High interest payments accounted for the deficit, a legacy of the 1990s when the Italian government borrowed at double-digit interest rates to hold the Lira in line with the Deutsch mark. Over the last two years when the public bond rate reached "crisis level" it was less than half what it had been in the mid-1990s. Further, the value of the public debt in constant prices is below what it was ten years ago. Statistics show that there is no Italian fiscal crisis, either of the debt or the deficit. Therefore, there is no technical reason that a progressive government need continue with austerity policies. For two decades the Italian economic problem has been slow growth, which before the Global Crisis was the direct result of restrictive monetary and fiscal policies with the objective of joining the euro at its creation. Never has there been a better example of the old saying, "be careful of what you want, because you might get it".
But with bond rates high, how would a progressive government fund the fiscal stimulus that is necessary to achieve even modest growth? The answer is quite simple: the government could sell it bonds to the Bank of Italy. Both the European Commission and the German government would object, but neither would have any effective sanction to stop this borrowing. To further stimulate aggregate demand, the new government should raise public sector salaries, especially for the lowest paid.
2. In my opinion, there is no possibility that the current German government will change its policies. German big business has gained enormously from the creation of the euro zone under its present rules. Some critics of German economic policy argue that German government policy might change when it becomes obvious that the euro zone crisis is harming the German economy. This is wrong for two reasons. First, it is obvious now that the crisis has harmed the German economy. German politicians and big business ignore this, or do not believe it. Second, the large German exporters are shifting their export focus to Asia, especially China, abandoning the rest of the euro zone to its (German created) disaster.
Changing German economic policy is beyond the power of any progressive coalition of other governments. The only hope lies in each country pursuing its own expansionary policies in defiance of German policy.
3. Whether a left-wing government in Italy will disgrace itself as the social democrats did in Greece in Spain depends on the pressure coming from the progressive forces inside Italy. Any new, left-wing government will be urged by financiers and their ideologues to "be realistic and responsible", and continue with the dysfunctional policies of Mr Monti. A mass movement prepared to continue street protests is necessary to generate progressive policies out of any government in Europe.
4.The first step of a left-wing government should be to announce that it is not bound by the Fiscal Pact. Second, the government should announce the immediate end of Monti's labor market "reforms". The first active step should be to implement a fiscal expansion, funded by borrowing. Therefore, now and in the coming months, politicians of the left should prepare the concrete plan for the fiscal expansion, who central element would be public sector investment to generate employment.
*Professor Emeritus & Senior Researcher Centre for Development Policy and Research,University of London.