Il declino dell'Ue nella riorganizzazione globale
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La guerra in Ucraina, non ha precedenti dopo la seconda guerra mondiale. Quello che appare evidente è la sostanziale subalternità dell'Europa. Era ancora vicino il momento in cui, nell'autunno del 2021, Angela Merkel e Vladimir Putin, incontrandosi a Mosca, avevano definito i termini di un accordo tra i due Paesi. Putin aveva accolto Angela Merkel con un grande mazzo di fiori. I rapporti fra i due paesi risalivano all'inizio del secolo, quando Putin, eletto alla suprema carica della Russia, recandosi a Berlino per una visita formale al cancelliere Schröder aveva voluto incontrare Angela Merkel ancora leader dell'opposizione CDU-CSU prima di assumere il ruolo di Cancelliera nel 2005. Erano passati sedici anni, ma i rapporti tra i due Paesi, pur segnati da alti e bassi, non si erano mai interrotti. Questo dell’autunno del 2021 era l'ultimo viaggio di Angela Merkel a Mosca prima di lasciare la direzione del governo. Le relazioni tra i due paesi erano in effetti contrassegnate da reciproci interessi sia politici che economici. Non a caso, a breve, sarebbe entrato in funzione il secondo gasdotto per raddoppiare la fornitura di gas russo alla Germania, raggiungendo cento milioni di tonnellate all'anno - gas in parte destinato ad altri paesi europei. Germania e Francia L'intesa si era sciolta come neve al sole nel giro di pochi mesi dal momento che il governo ucraino non riconosceva l'autonomia linguistica e regionale del Donbass. Questo era il quadro conflittuale che lacerò l’Ucraina per alcuni anni quando il negoziato riprese, a dicembre del 2019, su iniziativa di Germania, Francia - ora sotto la presidenza di Macron, succeduto a François Holland - e Putin, con la partecipazione del neoeletto Volodymyr Zelensky alla guida del governo ucraino. Secondo i quotidiani europei che avevano seguito l'incontro, il vertice si era concluso con un esito positivo. Repubblica titolava: "Russia-Ucraina, primi passi verso il disgelo al vertice di Parigi". E Angela Merkel si dichiarava " molto soddisfatta dell'esito del vertice". E nella conferenza stampa che seguiva l’incontro, Putin dichiarava a sua volta di ritenere il vertice "davvero utile", e ricordava l'accordo di Minsk che aveva formulato uno status speciale per le province del Donbass all'interno dell'Ucraina. Erano queste le premesse dell'incontro a Mosca alla fine dell’estate del 2021 tra Angela Merkel e Putin. Anche il più audace dei profeti difficilmente avrebbe previsto nel giro di pochi mesi lo scoppio della guerra in Ucraina che avrebbe coinvolto, da un lato, la Russia e, dall’altro, gli Stati Uniti e l’Unione europea. Fiori appassiti Ma, come sappiamo, l'accordo e i fiori offerti ad Angela Merkel sono appassiti in un breve lasso di tempo. Merkel era alla fine del suo quarto mandato, pur rimanendo a capo del governo fino a dicembre, quando il nuovo governo di coalizione guidato da Olaf Scholzsi sarebbe insediato a Berlino e di lì a poche settimane sarebbe scoppiatala guerra con l’invasione russa. Il conflitto aveva, in effetti, un altro protagonista negli Stati Uniti per i quali l'Ucraina faceva parte del sistema di difesa europeo e, più in generale, occidentale. Da un punto di vista globale, l'avversario principale degli Stati Uniti era in prospettiva la Cina. Ma il passo intermedio era dividere l'Europa dalla Russia. Un obiettivo che contrastava, come era evidente, con la politica della Germania sotto la guida di Angela Merkel. Dopo il suo ritiro la situazione era cambiata, e il governo tedesco comprendeva nella coalizione a sostegno del socialdemocratico Scholz i Liberal-Democratici e i Verdi, due partiti per ragioni diverse contrari alla cooperazione con la Russia. In sostanza, la Germania entrava in una nuova fase politica. E, per molti versi, il cambiamento comportava un indebolimento del rapporto con la Francia diretta da Macron. Il nuovo presidente francese aveva ospitato Putin a Versailles non appena eletto all’Eliseo nel 2017; aveva ricambiato la visita al Cremlino l’anno dopo e mantenuto rapporti costanti con Putin. Ma dopo il ritiro della Merkel, a giudizio di Putin la politica europea è passata definitivamente nelle mani degli Stati Uniti e, virtualmente, della Nato. Un nuovo quadro internazionale L'instaurazione di un rapporto privilegiato tra la Russia di Putin e la Cina di Xi Jinping apriva un nuovo capitolo nella storia mondiale. Alla sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 10 ottobre 2022, 143 Stati membri si sono schierati con gli Stati Uniti, mentre cinque (insieme alla Russia) hanno votato contro, e 35 paesi si sono astenuti. Ma l’astensione acquisiva un significato particolare comprendendo la Cina e l’India - due paesi che, insieme, annoverano una popolazione di quasi tre miliardi di cittadini. Ai quali si aggiungeva un notevole numero di paesi dell’Asia e dell’Africa per un totale di oltre quattro miliardi di persone. Intanto il Medio Oriente presenta a sua volta una novità imprevedibile fino al recente viaggio di Xi Jinping con l’accordo, che sembrava impraticabile, realizzato fra Iran e Arabia Saudita - accordo sanzionato dall’incontro a Pechino sotto la regia della Cina, e che non poteva non sorprendere gli stati Uniti, tradizionali alleati dell’Arabia saudita. Cambia in sostanza, se vi si aggiunge la scelta di neutralità e mediazione della Turchia, la posizione dei principali paesi del Medio Oriente - un’area storicamente divisa e, in larga misura, sotto il controllo americano. Quella che era immaginata come una guerra locale incentrata sull'Ucraina è diventata l'esca per uno scontro globale. Si accenna spesso al rischio di un conflitto che potrebbe avere un coinvolgimento nucleare. L'ipotesi va esclusa (o si spera venga esclusa) perché le conseguenze sarebbero catastrofiche, essendo Stati Uniti e Russia le maggiori potenze nucleari del mondo in cui viviamo. Se consideriamo che la negoziazione è l'unica alternativa a una catastrofe globale, ciò che oggi appare più sconcertante è l'assenza di un ruolo significativo dell’Europa. Il ritorno europeo sullo scenario globale in direzione di una soluzione in grado di fermare il conflitto sarebbe un importante passo avanti. Ma, allo stato attuale, non se ne intravedono le premesse. Antonio Lettieri
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