Il conflitto in Ucraina e il peso della storia

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La straordinaria complessità del quadro storico-politico dovrebbe indurre a tenersi lontano da ogni semplificazione. 

Qualche giorno fa, Giulio Tremonti, nel corso di una delle tante trasmissioni televisive dedicate alla crisi russo-ucraina, ha concluso il suo intervento con un’esortazione rivolta agli uomini politici nostrani ad aprire qualche volta un buon manuale di storia.  Mai esortazione è stata più opportuna, anche se – con tutta evidenza – vana.

Putin invece la storia la conosce bene … et pour cause.

Non così Biden, il cui discorso successivo a quello di Putin, è stato terribilmente inconsistente, seguendo quel modello interpretativo dominante negli USA secondo il quale sulla terra si scontrano le forze del Bene e la forze del Male, la Libertà e l’Oppressione, la Giustizia e il Sopruso, per cui basta scegliere la Virtù per sconfiggere il Vizio.

Questa visione “bianco-nero” è quella che passa sui media e che in tal senso influenza non poco l’opinione pubblica, disposta per natura a semplificare i problemi anche i più complessi. Già, perché pensare con la Storia e nella Storia è molto faticoso e ci obbliga a individuare le ragioni dell’altro anche all’interno dei suoi torti.

Sempre Giulio Tremonti ha opportunamente richiamato l’evoluzione dei rapporti tra Russia e Occidente nell’ultimo ventennio, individuando il punto di svolta nell’ammissione della Russia al G8, voluta dal governo di centro-destra italiano (incontro di Pratica di Mare) e poi sospesa dopo i fatti di Crimea, come un lungimirante tentativo di ancorare l’immenso paese euroasiatico al resto del Vecchio Continente. L’opposizione degli USA e dei loro alleati europei a questo disegno strategico ha visto una costante marginalizzazione della Russia, stretta da un collare di stati NATO, con relativo tradimento di promesse e accordi stipulati nei primi anni ’90.

L’abbattimento del governo ucraino di Janukovic da parte della piazza (Maidan) e la sua sostituzione con un governo nazionalista filo-occidentale ha segnato il valicamento di una linea che la Russia non poteva tollerare. Di qui l’annessione nel 2014 della Crimea russofona e l’inizio degli scontri nel Donbass. La situazione è stata lasciata incancrenire da una UE imbelle e divisa, popolata da protagonismi senza sostanza (Macron) e da indefettibili egoismi nazionali, in barba alla ormai nauseante retorica europeistica “antisovranista”. Ed eccoci all’oggi drammatico, ma niente affatto imprevedibile.

Mettere alle strette la Russia non ha mai portato un granché bene. Sarebbe bastato, per l’appunto, studiare un po’ di storia. Nel suo discorso Putin ha parlato entro un orizzonte storico-politico molto ampio, anche se opinabile; ha esplicitato comunque ragioni concrete, ricavate dalla storia, e non mere petizioni di principio (vedi il debolissimo Biden). Estremizzando, è giunto ad affermare che l’Ucraina è un’invenzione dell’URSS. Senza sobbalzare sulla sedia e gridare allo scandalo, vediamo alcuni sommari fondamenti di una tale affermazione.

1. - L’Ucraina (“zona di confine”, qualcosa di simile alla nostra “marca”) è stata la culla dell’ortodossia russa staccatasi da Bisanzio (988, battesimo del principe Vladimir di Kiev).

2. – Buona parte dei territori dell’attuale stato ucraino, soprattutto della sua parte occidentale, sono stati in possesso in passato e in epoche successive della Polonia, della Lituania, della Svezia e dell’Austria-Ungheria. La parte centrale e orientale è entrata a far parte dell’impero russo fin dai tempi di Pietro il Grande e di Caterina II.

4. – nel primo dopoguerra l’Ucraina attuale era divisa tra la repubblica di Kiev e la Repubblica popolare dell’Ucraina occidentale e Transcarpazia, con confini ben diversi da quelli attuali.

5. – Dal 1922 si è formata la Repubblica socialista sovietica ucraina, priva tuttavia dei territori occidentali, assegnati a Polonia, Cecoslovacchia e Romania. Solo al termine della seconda guerra mondiale la Repubblica sovietica ucraina ha raggiunto gli attuali confini, poi ampliati con il “dono” della Crimea da parte dell’ucraino Kruscev (1954).

Né bisogna dimenticare che, nel corso del conflitto russo-tedesco, furono oltre 30.000 gli ucraini arruolati nelle Waffen SS in funzione antibolscevica e antirussa, nonché impiegati nelle più feroci campagne di annientamento degli ebrei (il famigerato Sonderkommando 4a di Babij Jar, nei pressi di Kiev).

La straordinaria complessità del quadro storico-politico dovrebbe indurre a tenersi lontano da ogni semplificazione di tipo patriottico e nazionalista, facendo, che so, un paragone tra l’Ucraina e le repubbliche baltiche o la Finlandia, anch’esse parte un tempo dell’impero russo e poi sovietico, ma queste sì con caratteristiche culturali e linguistiche proprie e ben definite.

La situazione assai più fluida e articolata dell’Ucraina, anche dal punto di vista religioso e linguistico, con forti differenze tra ovest ed est, avrebbe dovuto indurre a maggiore prudenza anche il governo nazionalista ucraino, il quale invece ha cancellato il bilinguismo russo-ucraino, tentando di derussificare il paese (Putin ovviamente esagera quando parla di genocidio, senza specificare che si è trattato di un tentativo di genocidio di carattere culturale).

È stata dunque soprattutto la politica narrow-minded dell’UE ad averci condotto a questo drammatico sbocco. Continuando a dire che Putin è un crudele despota, un autocrate sanguinario e così via aggettivando non si arriva a un bel niente. La politica (lo si dovrebbe sapere, soprattutto dall’altra parte dell’Atlantico, viste le sconfitte che gli USA hanno patito ininterrottamente dal 1950 in avanti) è determinata dallo scontro di interessi, non dal conflitto tra Bene e Male e quegli interessi devono essere quanto più possibile conciliati e armonizzati.

Se in Germania ci fosse stata ancora Angela Merkel al posto della scialbissimo Scholz Putin non si sarebbe mosso, perché avrebbe trovato nella Mutti (con la quale peraltro poteva parlare agevolmente in russo e in tedesco) una interlocutrice affidabile, capace di dargli garanzie di non essere ulteriormente accerchiato.

Anche nel Parlamento italiano si è affacciata l’idea di “richiamare in servizio” la Kanzlerin, per metterla a capo di un organismo di mediazione UE, dove possa ancora una volta dar prova della sua intelligenza politica e delle sue leggendarie capacità di mediazione. Sperando che non sia ormai troppo tardi.

Claudio Salone

Professor of ancient literatures, Rome - https://claudiosalone39.wordpress.com/