I migranti e la lunga notte dell’Europa
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Chiudendisi in una fortezza, sotto l'egemonia della coppia franco-tedesca, l'Europa si autocondanna a una progressiva irrilevanza in un mondo nel quale le migrazioni sono un aspetto permanente della storia. All'’apparenza la riunione del consiglio europeo del 28-29 giugno si è conclusa sul punto delle migrazioni, che era il principale, con un nulla di fatto. In realtà, ha brutalmente rivelato il volto duro e ostile dell’Europa nei confronti del più grande dramma del nostro tempo. L’italia si era battuta per far passare il principio che la questione delle migrazioni non riguarda solo l’Italia, ma L’Europa. “Chi attraversa il Mediterranee, ha sostenuto Giuseppe Conte, intende entrare in Europa”. Per far passare questo principio, che sembrerebbe ovvio, ha minacciato il veto dell’Italia sulle conclusioni del Consiglio. Poi, il principio è entrato nella risoluzione finale, affermando che gli stati membri dell’UE avrebbero, su una base “volontaria”, aperto le loro porte ai migranti. La clausola della volontarietà era obbligata dal fatto che. come si sapeva in partenza, i paesi di Visegrad, sotto la guida dell’ungherese Orban, non avrebbero accettato l’ obbligo di suddivisione dei flussi migratori. Germania e Francia avevano alla fine accettato il principio del coinvolgimento dell’UE che, nei fatti, superava la minaccia del veto italiano alla risoluzione finale – veto che avrebbe aperta una crisi esistenziale nel funzionamento dell’UE. Così il principio della “volontarietà”, concordato dall’Italia con i due principali interlocutori, si dissolveva, testimoniando non solo la dis-unione europea, ma l’inaffidabilità della sua politica o, più precisamente, della coppia franco tedesca che ne detiene il bastone di comando. In effetti, secondo la dottrina Macron, I migranti sbarcati nei porti italiani, pur avendo come obiettivo il passaggio verso altri paesi europei, dovranno essere concentrati, , in appositi “campi chiusi”, allestiti dall’Italia per essere,salvo casi eccezionali, rinviati nei paesi di provenienza. Rinviati dove, e come? In tre anni, sotto il governo Renzi e nella prima parte del governo Gentiloni, in Italia sono sbarcati oltre 600 mila migranti: il doppio di quanti ne erano arrivati nei dieci anni prendenti. Poi, con l’avvento di Minniti, gli sbarchi si sono ridotti. Il vecchio ministro degli interni aveva genialmente promosso accordi – necessariamente riservati, come ha tenuto a spiegare – con le organizzazioni libiche che controllano il traffico dei migranti. Ora, gli accordi con la Libia dovrebbero essere estesi agli altri paesi del Maghreb. Ma la Tunisia e il Marocco che dovrebbero affrancare la Libia, vi si sono rigidamente opposti. L’estrema ratio è stabilire accordi direttamente con i paesi dell’arco sub-sahariano, dai quali i migranti provengono. Accordi con la Somalia , un paese fallito? O con il Sud Sudan in preda a una feroce guerra civile? O con i ribelli islamisti che occupano il nord-est della Nigeria? Chi può distinguere la stupidità dalla consapevole e disumana inattuabilità delle proposte di sbarrare le vie di una fuga spesso disperata stabilendo accordi con stati falliti o con i gruppi che conducono irrisolvibili quanto spietate guerre intestine per appropriarsi del controllo del contrabbando del petrolio come del commercio dei migranti. L’aspetto grottesco è che la maggior parte dei paesi africani di provenienza dei migranti, senza tener conto del Maghreb, sono proprio quelli della vecchia Unione francese, ancora oggi direttamente o indirettamente sotto l’egemonia francese: dalla Costa d’Avorio al Senegal a quelli che si affacciano sui confini meridionali del Sahara, come il Ciad, il Niger, il Mali, e molti altri. Basta dare uno sguardo. Il Ciad è governato da un regime autoritario con alla testa dagli anni novanta Idriss Déby, forse il più longevo capo di stato del pianeta, non a caso appoggiato da una cospicua presenza dei militari francesi. Il Niger con venti milioni di abitanti è caratterizzato dal fatto di essere uno dei paesi più poveri del pianeta con un reddito medio di 1200 dollari l’anno, a parità di potere d’acquisto, con metà della popolazione in condizioni di povertà assoluta. Ricco, tuttavia, al pari del Ciad, di petrolio e altre materie prime, che meritano la vigilante protezione francese. Le migrazioni sono un fenomeno planetario, non specificamente europeo. Si contano nel mondo oltre 60 milioni di migranti. La popolazione africana che oggi è di un miliardo e duecento milioni di abitanti, secondo le previsioni demografiche, raddoppierà intorno alla metà del secolo. L’Unione europea è, al contrario, l’unico angolo del pianeta dove la popolazione tende inesorabilmente a diminuire. I cinquecento milioni attuali si ridurranno per l’invecchiamento della popolazione associato al basso livello delle nascite. L’Italia e la Germania hanno, insieme col Gippone, il tasso di natalità più basso al mondo. La chiusura in una fortezza è un autocondanna a una progressiva irrilevanza in un mondo che vedrà passare il numero degli abitanti dai sette mezzo miliardi attuali a novr miliardi intorno al 2040.. L’Italia non può permanentemente accogliere 150- 200 mila l’anno com’è successo fra il 2014 e il primo semestre del 2017. Ma se l’Unione europea ne accogliesse un milione l’anno si tratterebbe pur sempre dello 0,2 per cento della sua popolazione, e sarebbe ancora insufficiente a bilanciare la tendenza allo spopolamento e all’invecchiamento. Osservazioni elementari che hanno a che fare con i ritmi potenziali di crescita e con la possibilità di conservare quel tanto di sistemi di welfare, dalle pensioni alla sanità, che sopravvivono allo tsunami neoliberista dell’Unione europea. Le migrazioni sono un fenomeno che caratterizza la storia di tutti i paesi a partire dall’Italia. Cinquanta milioni di cittadini degli Stati Uniti e dall’Argentina e di altri paesi provengono da migranti di origine italiana. E, non ostante, le mille miglia di muraglia che separano gli Stati Uniti dal Messico, i migranti continuano a entrare negli USA, e ora Trump, mentre l’America si rivolta, separa i genitori da rinchiudere nelle carceri del Texas, dai figli ancora bambini. Abbiamo visto Macron, appena dopo aver firmato la dichiarazione finale del Consiglio europeo, il cui punto centrale è l’apertura “volontaria” delle frontiere, affrettarsi a dichiarare che « la Francia non aprirà centri di accoglienza per i migranti poiché non è un paese di primo arrivo”. Ma nel corso dell’estate, il Mediterraneo sarà ancora, in un modo o nell' altro, attraversato da masse di disperati. E,se si impedirà alle navi delle ONG di continuare nella loro opera di salvataggio, crescerà il numero dei morti nel Mediterraneo, mentre è possibile (e sperabile)che una parte sia tratta in salvo dalla marina militare italiana, C’è da augurarsi che l’Italia rimanga un paese aperto all’accoglienza. Ma non bisognerà dimenticare che l’Unione europea e più precisamente la coppia franco –tedesca che se ne arroga il dominio, si comporta con l’Italia come con un paese della periferia, da trattare alla stregua della Grecia. Antonio Lettieri
Editor of Insight and President of CISS - Center for International Social Studies (Roma). He was National Secretary of CGIL; Member of ILO Governing Body and Advisor for European policy of Labour Minister. (a.lettieri@insightweb.it) |