Grexit o cambiamento a Berlino?

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Alexis Tsipras mette in agitazione Berlino e Bruxelles, dove si preferirebbe che le elezioni greche servano solo a scegliere chi deve obbedire alla Troika.

Le elezioni in Grecia di fine gennaio pongono una serie di interrogativi ai quali non è facile dare risposta. Le variabili in gioco sono molte.  Proviamo a discuterne qualcuna.

Chi vincerà le elezioni? La risposta in questo caso è facile: Syriza. Come partito più votato avrà diritto ad un premio di 50 seggi, un sesto dei 300 del Parlamento. Tuttavia ciò non significa che Alexis Tsipras potrà disporre della maggioranza assoluta. Infatti per raggiungere (almeno) i 151 seggi, deve ottenerne 101 su 250, cioè il 40,4%. I sondaggi accreditano Syriza sopra il 30%, ma ciò non è sufficiente. Tuttavia per Tsipras non è necessario arrivare al 40%. Se varie formazioni non otterranno il 3% dei suffragi, la percentuale sufficiente può scendere sotto il 40%. E’ comunque probabile che abbia bisogno di una dozzina di seggi per arrivare alla maggioranza assoluta.

Quale alleanza per Tsipras? Qui le cose sono più complicate. Esclusi i comunisti greci, duri e puri, e tenendo conto della crisi della formazione di centro-sinistra Dimar, che paga l’appoggio fornito per un certo periodo al governo di Samaras, una possibilità può essere quella del nuovo Movimento dei socialisti democratici (Kidiso), fondato da George Papandreu proprio all’inizio del 2015. Papandreu ha lasciato il Pasok, la storica formazione socialista greca con la quale aveva vinto le elezioni nel 2009 con il 43% dei voti. Il partito, guidato da Venizelos dopo le dimissioni di Papandreu, è stato completamente succube di Nuova Democrazia. L’uscita di Papandreu dal Pasok potrebbe portare addirittura alla scomparsa del Pasok dal Parlamento. Kidiso è accreditato dai primi sondaggi intorno al 5%, ma si tratta di percentuali da verificare. Non c’è dubbio che Papandreu, pur più moderato di Tsipras, sia animato da uno spirito di rivalsa su Berlino e Bruxelles, che lo umiliarono imponendogli di ritirare, nel 2012, un referendum sull’euro che egli aveva proposto.

Quali sono le proposte di Syriza?  In sintesi due: robusto taglio del debito, e abbandono delle politiche di austerità. Entrambe le richieste mettono in agitazione Berlino e Bruxelles, dove si preferirebbe che le elezioni greche servino solo a scegliere chi deve obbedire alla Troika.

Per quanto riguarda il debito, detenuto ormai per la maggior parte dalle istituzioni europee e dal FMI, una soluzione alternativa può essere quello di un consolidamento a lunga scadenza, se non addirittura rendere irredimibile il debito, ed anche una riduzione del tasso d’interesse. In questo modo le risorse destinate al debito sarebbero ridotte e la Grecia non avrebbe quasi più il problema di trovare le risorse necessarie a rinnovare il debito. Secondo uno studio del forum greco MacroPolis, il 50% dei prestiti internazionali concessi alla Grecia sono stati destinati a pagare il servizio del debito, cioè interessi e rinnovo dei bond in scadenza.

Più difficile invece è trovare la soluzione per quanto riguarda l’abbandono della politica di ultra-austerità imposta dalla Troika, in obbedienza ai dettami dell’austerità espansiva e alla volontà teutonica di imporre punizioni esemplari.  La Troika ha chiesto in quattro anni il varo di 800 misure restrittive alla Grecia, ottenendo il crollo di un quarto del PIL greco.  Lo stesso Fmi ha ammesso che si è trattato di scelte errate. Per la destra europea, non solo quella tedesca, ammettere questo fatto, peraltro di chiara evidenza, equivale ad una dichiarazione di fallimento.

Per ora la turbolenza finanziaria si limita alla Grecia, a parte le cadute delle borse europee. I tassi dei titoli pubblici italiani e spagnoli sono rimasti sostanzialmente stabili, a differenza di quelli greci. I mercati pensano quindi che una qualche soluzione verrà trovata, e che il QE della BCE sarà finalmente varato. Ma se le trattative tra la Troika e la Grecia si complicassero, e se la Bundesbank e la Corte Costituzionale tedesca facessero capricci, le cose potrebbero cambiare. Ad innervosire i mercati ci sono quest’anno anche le elezioni, prima amministrative e poi politiche in Spagna e quelle politiche in Portogallo.

 

 

 

 

 

 

 

Ruggero Paladini

Economist - Professor of "Scienza delle Finanze" at University "La Sapienza" Roma; Member of the Economic Board of Insight - ruggero.paladini@uniroma1.it