Greta teologa

Sottotitolo: 
Greta come sintesi “religiosa” di un pensiero sempre più dogmatico e indiscutibile come quello apocalittico dell'imminente fine del mondo a causa del cambiamento climatico.

Greta Thunberg, la ex ragazzina – oggi ventenne – svedese, “icona”, come si usa dire oggi, dell’ambientalismo, bamboleggiata dai grandi della terra e, oserei dire, brandita come catalizzatrice di senso di uno sviluppo capitalistico globale che fa del relativismo e della stessa mancanza di senso la sua dimensione sovrastrutturale vincente, a giugno riceverà il dottorato onorario in teologia dall’università di Helsinki.

Non senza contrasti e senza proteste. È stato detto, ad esempio, che “l’unico grande merito di Greta è stato quello di marinare regolarmente la scuola”, che la sua preparazione scientifica lascia alquanto a desiderare.

Mi paiono obiezioni che hanno una loro validità, ma che non colgono nel segno.

Nel caso di Greta non si tratta di certificare le sue competenze culturali generali e specifiche nelle scienze dell’ambiente che, ictu oculi, non paiono particolarmente approfondite. Si tratta piuttosto di rafforzare l’immagine (icona, appunto) di Greta in quanto sintesi “religiosa” di un pensiero sempre più dogmatico e indiscutibile qual è quello apocalittico della ormai prossima fine del mondo a causa del climate change, provocato dalla "cattiveria" di una umanità narrow minded, che sta devastando la Terra Madre.

L’ambientalismo, fattosi religione, ha – coerentemente - i suoi dottori. L’attuale pontefice, del resto, è un ambientalista convinto.

Si sente dire spesso: “La verità è davanti agli occhi di tutti, i cambiamenti climatici sono dovuti alle attività dissennate degli uomini, lo dice la scienza" - facendo così della scienza un catechismo.

E il pensiero “laico”? È ancora possibile ragionare in termini complessi anche su questi argomenti apparentemente così semplici e chiari? Naturalmente la risposta è sì ed è quantomai urgente continuare a mettere sul tavolo altre ipotesi, a vagliare altre risposte, a “dubitare” di ogni verità precostituita. Sembrerebbe banale. Eppure non lo è.

Ogni mezzo di comunicazione di massa – salvo rare eccezioni, tra le quali segnalo il sito clintel.org/Italy -  è invaso ed egemonizzato dal pensiero unico ambientalista, dal Parlamento, dove un povero curato della nuova religione ha portato materialmente dei sassi per “provare” (?) che ci troviamo in un periodo di siccità di cui si conoscono già tutte le ragioni, tutte imputabili agli uomini e alle quale solo la cecità degli stessi impedisce di porre rimedio, ai talk show, al mainstream giornalistico.

Il culto della Natura, intesa sempre come un’entità benigna e immota, violentata dalla tecnica e dalla “scienza” (quella cattiva, naturalmente), dove si officia un ideale di vita ancestrale, fatto di caprette, formaggi fatti in casa, torte della nonna, altra entità sacralizzata, e altre attività congeneri è diffuso soprattutto nella parte – minoritaria - del mondo a più alto reddito, il cosiddetto Global North, che noi spesso confondiamo con il mondo tout court.

 Del resto faticherei a vedere penetrare lo stesso culto di sapore rousseauiano della bontà e della genuinità della vita agro-pastorale, che so, nel Sahel.

Un tempo si sarebbe parlato di “alienazione”, di “falsa coscienza”, che impediscono di comprendere come il vagheggiato ritorno all’autenticità della Natura è un lusso che presuppone un’avvenuta accumulazione primitiva, tale da consentire la “riscoperta della vita semplice del villaggio”, accumulazione primitiva peraltro ottenuta a spese di secoli di sfrutamento del Global South. Mi viene in mente l’Hameau de la Reine, fatto costruire da Maria Antonietta (quella delle brioches), a Versailles.

Il crescente sentimento di insoddisfazione e di ribellione anche violenta che pervade strati sempre più ampi di popolazioni di fronte alla crescita spaventosa delle diseguaglianze e che non trova più risposte nella politica, può tuttavia “infastidire” chi governa.  

Quale miglior rimedio allora se non quello di convogliare quel sentimento verso una nuova religione, che ha già individuato il Maligno e che promette la salvezza in una Natura favoleggiata e provvidenzialmente lontana, capace di ricucire l’atomizzazione delle nostre società fornendo loro senso in un “altrove” in cui, come in tutte le favole, il Bene e il Male si fronteggiano ben distinti l’uno dall’altro?

Non ci indigniamo dunque. Tout se tient. È a buon diritto che Greta è diventata dottore in teologia.

Claudio Salone

Professor of ancient literatures, Rome - https://claudiosalone39.wordpress.com/