Dopo venti anni di guerra in Afganistan
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La guerra più lunga della storia e la (nuova) sconfitta della maggiore potenza occidentale. Le cronache sui nuovi eventi in Afghanistan dopo l'avvento dei Talebani iinvadono le prime pagine dei giornali e non potrebbe essere diversamente. Eppure vale la pena di gettare lo sguardo sull’origine di una guerra iniziata quasi per caso e alla quale si poteva dare una conclusione più volte nel corso del tempo. Non è questa la sede per tratteggiarne una storia lunga due decenni. Ma vale la pena di ricordarne brevemente alcuni aspetti essenziali fra ai quali il punto di partenza. Quando George Bush junior varcò la soglia della Casa Bianca, dopo una vittoria elettoralmente dubbia, trovò una situazione economica interna in difficoltà dopo anni di formidabile crescita. Le misure economiche che il suo governo adottò non furono in grado di rovesciare al situazione. Ma Bush era convinto che col tempo la situazione economica si sarebbe messa in carreggiata e, in definitiva, se ne sarebbe occupato Alan Greenspan riconfermato alla Federal Reserve per un ulteriore mandato. Bush voleva qualificare la sua presidenza su un terreno diverso e anche più suscettibile di fornirgli prestigio. Bush padre aveva dieci anni prima posto fine all’attacco all’Iraq quando ormai era alle porte di Bagdad. In molti l’ avevano considerato un errore. Bush junior poteva portare a compimento l’opera lasciata incompiuta dal padre. Si preparava così l’attacco all’Iraq col pretesto, dimostratosi infondato, del suo armamento nucleare. Ma l’11 settembre con il tragico attacco alleTorri gemelle sconvolse i piani. Gli attacchi provenivano da esponenti non afghani, ma Bin Laden era in Afghanistan. Per l’amministrazione Bush si poteva tralasciare per il momento l’Iraq e Saddam Hussein e punire l’Afganistan. L’operazione era anche semplificata dal fatto che i Democratici erano contrari a rinnovare l’attacco all’Iraq mentre non c’erano obiezioni a vendicare l’attacco alle Due torri , punendo l’Afghanistan dove si era stabilito Bin Laden. Questo non significava che Bush junior abbandonasse l’obiettivo di portare a compimento la guerra all’Iraq che suo padre aveva lasciato incompiuta. Non ostante non ci fissero prove che Saddam disponesse di un armamento nucleare, anzi ce n’erano in senso contrario, l’attacco all’’Iraq consentì un successo abbastanza rapido: Saddam Hussein fu catturato e giustiziato, e la salma trionfalmente esposta in una piazza di Bagdad. Invece, la guerra portata in Afganistan non produceva risultati altrettanto evidenti. Per la sua configurazione montagnosa l’Afghanistan non consentiva agli americani avanzate e successi significativi. Quando, dieci anni dopo Barack Obama si trovò ancora alle prese con la guerra senza soluzione in Afghanistan, raccolse l’indicazione dei suoi generali che chiedevano un maggiore e definitivo impegno militare. Un esercito di oltre centomila unità fu mobilitato per un attacco che voleva essere decisivo. Ma la mobilitazione della grande potenza militare si dimostrò clamorosamente inefficace. L’esercito era in grado di controllare alcuni grandi centri urbani , a cominciare da Kabul, ma non il paese nel suo insieme. La guerra si avviava a diventare la più lunga della storia americana senza risultati, se non mantenere al potere una successione di governi afgani corrotti e chiusi in una cittadella all’interno di Kabul. Bisognò attendere febbraio del 2020 per la conclusone della trattativa durata più di un anno a Doha (Qatar) fra l’amministrazione americana e la delegazione talebana . L’accordo fra il governo americano e i rappresentanti dei talebani apriva la strada alla fine del conflitto. Trump dichiarò che avrebbe incontrato una rappresentanza dii talebani: “Incontrerò personalmente- affermò - i leader talebani in un prossimo futuro fiducioso che si comporteranno così come promettono di voler fare(traduzione mia)” (New York Times, 29 Febbraio 2020). La soluzione implicava un impegno da parte americana tutt’altro che semplice dal momento che il governo insediato a Kabul non accettava la trattativa ed era un chiaro ostacolo al tentativo di pace. Non era, tuttavia, in grado di bloccare lo sviluppo del negoziato che, sulla base delle premesse, avrebbe portato a Kabul i capi dei talebani. Era, in effetti, un complesso tentativo di pacificazione non privo di ostacoli , ma le chiavi erano decisamente in mani americane. In sostanza, gli stati Uniti coltivavano l’obiettivo di uscire dal conflitto negoziando con i talebani il futuro del paese. Non sarebbe stata una vittoria, ma nemmeno una sconfitta. In ogni caso, il governo afghano insediato a Kabul, chiuso nella sua cittadella e teoricamente disponendo di un esercito in grado di difenderne il potere, rimaneva ostile a un effettivo negoziato con i talebani. Con la vittoria di Biden la trattativa con la rappresentanza afghana a Doha continuò senza alcun impegno determinante da parte americana. Conoscaimo l’esito. Biden non era mai stato convinto della guerra in Afghanistan e aveva manifestato la sua avversione sin da quando era vice-presidente di Obama. Ma ora faceva la scelta peggiore con un ritiro unilaterale e senza un accordo di pace con i talebani, che pure era stato annunciato come possibile e auspicabile nell’inverno del 2020. In effetti, una fuga, sia pure mascherata dalla data del 31 agosto, che lasciava campo libero agli avversari dopo venti anni di guerra. Per Biden il governo afghano poteva difendersi da solo disponendo di trecento mila uomini armati (dagli stessi americani). Una posizione infondata da parte di chi non poteva non conoscere, o aveva l’obbligo di conoscere, l’inconsistenza del preteso esercito afghano e l’impotenza del governo di Kabul. Il resto è parte della cronaca .I talebani hanno conquistato senza incontrare resistenza, nel giro di una settimana, le maggiori città. La stampa occidentale ha accusato Biden per una decisione non concordata dimenticando tuttavia l'incnsistente impegno europeo nella possibilità di portare a buon fine il negoziato annunciato da oltre un anno.. Poi, a sorpresa, il mondo ha potuto ascoltare il discorso di uno dei capi dei talebani che affermava che le case dovevano essere considerate inviolabili, che i combattenti potevano essere reintegrati nel nuovo regime, e che l'amministrazione avrebbe incluso le rappresentanze femminili, , sia pure “all'interno del limiti del diritto islamico” E Zabiullah Mujahid, il portavoce dei talebani, assicurva “la comunità internazionale e soprattutto gli Stati Uniti e i Paesi vicini” che “l'Afghanistan non sarà usato contro di loro” (“West fears in al -Qaeda threat”, Financial Times, 19 August, 2021). In questo quadro hanno agito facilmente gli avversari di ogni possibile accordo fra i talebani e gli americani con un facile attacco criminale contro le decine di migliaia di afghani concentrati intorno all’aeroporto nel tentativo di poter partire prima dell’imminente scadenza del 31 luglio. I capi talebani hanno condannato l'attacco della Jihad che ha provocato morti tra gli stessi talbani. Un attacco che a sua volta dimostra le difficoltà del nuovo governo in un paese devastato dalla guerra e soggetto al rischio di una forse sparuta ma feroce opposizione interna con diramazioni internazionali in una grande parte del Medio Oriente. Intanto, mentre le potenze occidentali abbandonano senza una possibile e accettabile soluzione il teatro di una guerra ventennale, il nuovo governo afghano non ha altra scelta che la collaborazione con la Cina e la Russia, oltre all'ambiguo Pakistan. Gli Stati Uniti si dividono sull’esito di una guerra che era destinata a essere perduta. E l’Europa attacca Biden, ma non dice cosa dovesse fare, oltre a rimanere qualche giorno in più a Kabul, dopo aver interrotto le trattative iniziate dalla passata amministrazione per porre fine alla guerra. Una guerra spaventosamente lunga con 250.000 morti afgani e un esercito di vedove e orfani. Si dovrebbe trarne qualche insegnamento. Ma finora non n ce n’è alcuna traccia significativa. Un triste esempio del fatto che non sempre la storia è maestra e non sempre ci fa riconoscere gli errori iniziali e alla fine la possibilità di una conclusione decorosa d una guerra dimostratasi nel corso di due decenni sbagliata e destinata a essere inesorabilmente perduta. Insight - Free thinking for global social progress
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