Documento Eurobond e Union bond in un quadro di cooperazione rafforzata2.14 L'UE pertanto deve fare il massimo sforzo per rispondere con una voce unica agli interrogativi dei mercati, che hanno dimostrato tutto il loro limite agendo senza regole e senza controllo. Tuttavia ciò non richiede l'adesione unanime di tutti gli Stati membri ai nuovi strumenti finanziari. Si può sfruttare in questo ambito il principio della 'cooperazione rafforzata'. Piuttosto che ridurre l'Eurozona ad un "nocciolo duro" di paesi che potrebbero subirne un pregiudizio, si dovrebbe permettere ai paesi sotto attacco speculativo di trasferire una quota rilevante del proprio debito in un conto di debito europeo, a vantaggio di tutti gli Stati membri. 3. Union bond per la stabilizzazione del debito sovrano 3.1 In Europa, il debito sovrano non può ormai più definirsi tale. I limiti e gli errori degli Stati e dell'UE, uniti alla mancanza di un quadro efficace per la supervisione e la vigilanza degli istituti finanziari, hanno facilitato il comportamento predatorio contro le valute nazionali . Approfittando anche di una cattiva gestione delle finanze pubbliche, è stata compromessa la sovranità di alcuni Stati membri più vulnerabili. 3.2 Il CESE ritiene indispensabile consolidare la disciplina dei conti pubblici di alcuni paesi, anche attraverso riforme strutturali eque e condivise. Nel più lungo termine potrebbe esistere un'unione fiscale con un ministro dell'Economia e del Tesoro dell'Eurozona. È una sfida alla ragione avere un'unica politica monetaria (e di bilancio) e 17 differenti politiche del debito. Peraltro, nell'immediato, occorre predisporre misure tempestive per stabilizzare il debito sovrano, oltre ad una gestione comune dei bilanci dei paesi membri attraverso il controllo da parte dell'UE. 3.3 Occorrerebbe inoltre assicurare un più alto profilo politico al fatto che, se alcuni Stati membri sono fortemente indebitati, l'Unione in sé ha tuttora un debito praticamente pari a zero e, prima del maggio del 2010 e dell'avvio dei buy out del debito di alcuni Stati membri, non ne aveva affatto. Anche dopo tali operazioni di buy out e di salvataggio di banche, il debito dell'UE è pari a poco più dell'1 % del suo PIL: un rapporto debito/PIL pari a meno di un decimo di quello che esisteva negli anni Trenta negli Stati Uniti, quando l'amministrazione Roosevelt iniziò a convertire i risparmi in investimenti mediante l'espansione dell'emissione di buoni del Tesoro federale . A differenza degli Stati Uniti di allora, l'UE avrebbe il vantaggio di poter fare tesoro di questo precedente in materia di bond. 3.4 La sovranità degli Stati membri può ora essere ripristinata dall'Unione, che consentirebbe così ai governi nazionali di tornare a esercitare il loro ruolo, oggi usurpato dai mercati finanziari, grazie a un rafforzamento della sorveglianza e della responsabilità dei soggetti del mercato finanziario, comprese le agenzie di rating del credito. Per far ciò, tuttavia, non sono necessari buy out del debito, garanzie sovrane congiunte o trasferimenti fiscali. Ad esempio, nel finanziare il "New Deal", l'amministrazione Roosevelt non procedette a un buy out del debito pubblico dei singoli Stati dell'Unione né impose loro di garantire i bond emessi dal Tesoro federale o di effettuare trasferimenti fiscali. Gli Stati Uniti emettono buoni del Tesoro il cui servizio è finanziato mediante imposte federali. Sennonché, a differenza degli Stati Uniti, l'Unione europea non ha una politica fiscale comune. Tuttavia, gli Stati membri possono finanziare la quota delle loro obbligazioni nazionali convertita in Union bond senza necessità di trasferimenti fiscali tra di loro. 3.5 Con l'adozione di una strategia di austerità in risposta ai mercati finanziari, il Programma europeo di ripresa economica (European Economic Recovery Programme - EERP) è stato accantonato. La maggior parte dell'elettorato non è neppure a conoscenza dell'impegno dell'UE in questo senso, ma è ben consapevole dei sacrifici che le vengono chiesti per il salvataggio di banche e hedge funds. Nel grande pubblico, anzi, vi è in genere ben poca consapevolezza della stessa esistenza di tale programma. 3.6 La conversione di una quota di debito nazionale in debito dell'UE potrebbe essere effettuata anche mediante una cooperazione rafforzata, con Stati membri chiave come la Germania che continuerebbero a detenere le loro obbligazioni nazionali. È vero che, ai sensi del Trattato di Lisbona, la cooperazione rafforzata riguarda una minoranza di Stati membri; tuttavia, la stessa introduzione dell'euro ha di fatto rappresentato un caso di cooperazione rafforzata tra una maggioranza di paesi dell'UE. L'Istituto Bruegel ha proposto di creare una nuova istituzione con il compito di detenere le obbligazioni risultanti dalla conversione dei debiti sovrani degli Stati membri in debito dell'Unione , ma una nuova istituzione non è necessaria. 3.7 La quota del debito nazionale convertita in Union bond potrebbe essere detenuta dal Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF) – e poi dal futuro meccanismo europeo di stabilità (MES) – in un apposito conto di conversione, anziché essere oggetto di negoziazioni . Ciò metterebbe al riparo tali bond dalla speculazione. Gli investitori potrebbero conservare i loro attivi fino alla scadenza delle obbligazioni al tasso d'interesse prevalente. Ciò eviterebbe anche l'azzardo morale ("moral hazard") perché le obbligazioni in un conto di debito non potrebbero essere usate per la creazione di credito. Il vantaggio sia per i governi che per gli obbligazionisti è che il rischio di default da parte di alcuni Stati membri verrebbe significativamente ridotto. 4. Eurobond, per ripristinare la ripresa e la crescita sostenibile 4.1 I recenti sviluppi hanno evidenziato la necessità che l'Unione persegua una governance economica e sociale comune, in linea con l'unità creata grazie alla moneta comune, al fine di affrontare con più efficacia i crescenti squilibri macroeconomici. Sinora, tuttavia, la Commissione e il Consiglio hanno affrontato soltanto la questione della stabilità, accantonando la necessità di riavviare la crescita. 4.2 Ciò ignora la dimensione sociale, nonché le dimensioni globali di una protratta austerità, malgrado l'importanza per le economie emergenti di una domanda europea sostenuta per le loro esportazioni. Inoltre trascura il fatto che il finanziamento del ripristino del processo di crescita non deve necessariamente effettuarsi mediante trasferimenti fiscali tra Stati membri, ma piuttosto può attuarsi riciclando i surplus delle economie emergenti. 4.3 Ad esempio, uno degli argomenti addotti con forza da diverse proposte apparse sulla stampa, che echeggiano la proposta dell'Istituto Bruegel e quella precedente (del 1993) di Delors in materia di Union bond, è che le emissioni nette di Eurobond attirerebbero surplus dalle banche centrali dei paesi emergenti e dai fondi sovrani, producendo un effetto moltiplicatore. 4.4 Questi afflussi finanziari verso gli Eurobond potrebbero tradurre in realtà l'impegno assunto fin dal 2008 dagli Stati membri e dal Parlamento europeo a favore del citato Programma europeo di ripresa economica. Anche se inizialmente l'emissione di tali bond sarebbe incrementale, l'afflusso cumulativo di una quota dei circa 3 000 miliardi di dollari USA di surplus delle banche centrali dei paesi emergenti e dei fondi sovrani sarebbe considerevole. 4.5 L'importo di tali afflussi, anzi, potrebbe giungere a eguagliare o superare quello delle risorse proprie della Commissione, e tutto ciò senza bisogno di quei trasferimenti fiscali cui la Germania e altri Stati membri si oppongono. Inoltre tali afflussi potrebbero cofinanziare gli investimenti del gruppo BEI nei settori della politica di coesione relativi alla salute, all'istruzione, al rinnovamento urbano e all'ambiente. 4.6 La BEI ha ricevuto un mandato relativo agli obiettivi di coesione e di convergenza con il Programma d'azione speciale di Amsterdam del 1997 e da allora la BEI ha quadruplicato con successo il volume dei suoi prestiti per la finanza d'investimento. Un'ulteriore quadruplicazione degli investimenti della BEI avrebbe un effetto equivalente a quello del Piano Marshall varato nel dopoguerra dagli Stati Uniti . Tuttavia, a differenza del Piano Marshall o dei fondi strutturali, la sua attività di finanza non sarebbe basata su sovvenzioni, ma sposterebbe i risparmi verso gli investimenti. Attraverso i moltiplicatori economici, questi investimenti genererebbero una domanda sostenuta nel settore privato e una crescita dell'occupazione. Ciò ristabilirebbe la fiducia sia sui mercati che nell'opinione pubblica sul fatto che le misure di austerità possano essere sostituite da un più elevato tenore di vita e da un maggiore livello di benessere. La crescita e maggiori livelli di occupazione genererebbero anche entrate fiscali dirette e indirette che potrebbero contribuire alla riduzione del debito e del disavanzo.
5. Il contesto giuridico-istituzionale della proposta 5.1 Gli Union bond e il Fondo europeo di stabilità finanziaria 5.1.1 Il FESF potrebbe detenere la quota di debito nazionale convertita in Union bond in un apposito conto di conversione: ciò sarebbe coerente con i suoi compiti di stabilizzazione. E potrebbe far ciò anche se è destinato ad essere sostituito, nel luglio 2012, dal meccanismo europeo di stabilità, MES (European Stability Mechanism - ESM), che a quel punto deterrebbe il debito convertito. 5.1.2 Il principio che il debito convertito in Union bond non debba essere oggetto di negoziazioni avrebbe protetto il FESF dalla "retrocessione" da parte delle agenzie di valutazione e dei mercati obbligazionari. la detenzione delle obbligazioni in un conto di debito dovrebbe rassicurare la Germania e altri Stati membri che le obbligazioni nazionali convertite in Union bond non possono essere utilizzate per la creazione di credito. 5.2.1 Non vi è alcuna necessità di coinvolgere la BCE nelle emissioni nette di obbligazioni. Inizialmente si era previsto che ad emettere le obbligazioni dell'Unione europea dovesse essere il FEI, istituito nel 1994 ed entrato a far parte del gruppo BEI nel 2000. Il compito affidato al FEI era in primo luogo quello di far sì che alla moneta comune corrispondessero obbligazioni comuni, mentre suo compito secondario era il sostegno finanziario alle piccole e medie imprese e alle nuove start-up ad alta tecnologia. Dal 1994 ad oggi, tuttavia, quest'ultima è la sola funzione assolta dal Fondo . 5.2.2 La concezione iniziale del FEI teneva conto del fatto che una moneta unica avrebbe privato gli Stati membri della possibilità di ricorrere alla svalutazione per riequilibrare la bilancia dei pagamenti e che mancava il sostegno politico per effettuare trasferimenti fiscali nella misura raccomandata dalla relazione MacDougall . Tuttavia, sulla base del precedente "New Deal", riconosceva anche che le obbligazioni europee avrebbero potuto finanziare politiche strutturali, sociali e regionali, come suggerito già nel 1956 dalla relazione Spaak per un mercato comune . Ciò era inoltre in linea con gli obiettivi della relazione MacDougall, che invocava politiche occupazionali e regionali "strutturali e cicliche" che riducessero le disparità tra regioni in materia di dotazione di capitali e produttività. 5.3 I compiti del FEI in materia di capitali di rischio 5.3.1 La raccomandazione del 1993 di sostenere attraverso il FEI le piccole e medie imprese non riguardava solo la concessione di garanzie sul loro capitale o di prestiti a loro favore, ma anche un Fondo europeo per i capitali di rischio con una dotazione di bilancio fino a 60 milioni di ecu e una competenza specifica in materia di finanziamento delle start-up ad alta tecnologia. 5.3.2 Finanziate tramite bond dell'Unione, le risorse di tale Fondo sarebbero state investite nell'arco di diversi anni ma avrebbero avuto un potenziale macroeconomico. Una gestione solida del Fondo, in cooperazione con agenzie di credito nazionali ed enti di sviluppo regionale - conoscitori della situazione delle PMI locali -, avrebbe dovuto assicurare la possibilità di finanziare i bond con i rendimenti del capitale proprio delle PMI, qualora il successo di tali aziende lo avesse consentito. 5.3.4 Fin dall'istituzione del FEI (1994), la sua funzione di garanzia di capitali di rischio piuttosto che di prestiti è stata trascurata, con il risultato che, al momento della sua integrazione nel gruppo BEI (2000), il Fondo aveva fornito garanzie per le PMI soltanto per 1 miliardo di ecu. La concezione originaria del FEI – quella di uno strumento microeconomico con effetti macroeconomici – è stata rilanciata solo nel settembre 2008, quando il Consiglio Ecofin di Nizza ha varato un programma di sostegno alle PMI per 30 miliardi di euro, anche se sempre solo tramite prestiti piuttosto che iniezioni di capitale proprio. 5.3.5 Per il FEI, una funzione di fondo di capitali di rischio, piuttosto che quella esclusiva di un fondo di prestiti, dovrebbe ora essere presa nuovamente in considerazione nel quadro delle emissioni nette di Eurobond, come complemento alla conversione di una quota del debito degli Stati membri in debito dell'Unione. 5.4 La BEI 5.4.1 La BEI ha sempre emesso obbligazioni proprie e ha espresso una netta preferenza per mantenere la loro identità distinta da quelle delle obbligazioni dell'UE. Ciò è giustificato. Anzitutto, la BEI emette le proprie obbligazioni eminentemente nel quadro della finanza di progetto e riterrebbe opportuno mantenere tale specifica identità. In secondo luogo, si è supposto che il servizio del debito relativo alle emissioni di Eurobond richiedesse trasferimenti fiscali, mentre il servizio del debito della BEI avviene con le entrate provenienti dai progetti da essa finanziati. In terzo luogo, i trasferimenti fiscali potrebbero richiedere un aumento delle risorse proprie della Commissione, il che appare improbabile. La BEI è inoltre preoccupata per un peggioramento del suo rating conseguente ad un suo coinvolgimento nella stabilizzazione del debito. 5.5 Complementarità tra le funzioni della BEI e quelle del FEI 5.5.1 Tuttavia queste riserve non sarebbero valide per le emissioni nette di Eurobond da parte del Fondo europeo per gli investimenti. Benché facciano parte del medesimo gruppo, la BEI e il FEI sono istituzioni diverse. Pertanto, gli Eurobond del FEI sarebbero distinti dalle obbligazioni della BEI e dagli Union bond per la stabilizzazione del debito detenuti dal FESF. 5.5.3 Ove si rendesse necessario l'impegno di partner locali, che è per essa un aspetto importante, la BEI potrebbe ottenerlo grazie alla cooperazione nella gestione di progetti con istituzioni di credito nazionali quali la Caisse des Depôts et Consignations francese, la Cassa Depositi e Prestiti italiana e la Kreditanstalt für Wiederaufbau tedesca. 5.6 Il FEI e la gestione delle obbligazioni 5.6.1 Per gestire le emissioni di obbligazioni sul mercato aperto, ossia per svolgere la funzione fondamentale per cui è stato concepito, il FEI avrebbe bisogno di una nuova organizzazione aziendale. Ciò richiederebbe un team composto da persone dotate di elevate competenze professionali, ma per questo il FEI potrebbe attingere dalla BEI e cooperare con gli organismi nazionali incaricati della gestione del debito pubblico. Inoltre, dato che l'emissione di Eurobond sarebbe incrementale, il FEI potrebbe creare il nuovo team gradualmente nel corso del tempo. 5.6.2 Il Consiglio Ecofin è l'organo di governo del gruppo BEI. La decisione di far emettere degli Eurobond dal FEI non renderebbe necessaria alcuna revisione dei trattati, così come non ve ne fu bisogno per l'istituzione del Fondo nel 1994. 5.7 Per stabilire i criteri per un Programma europeo di ripresa economica, non vi è bisogno di una decisione del Consiglio Ecofin o di una proposta della Commissione. Sin dal Programma d'azione speciale di Amsterdam e dai Consigli europei di Lussemburgo (1997) e Lisbona (2000), la BEI ha ricevuto dal Consiglio una serie di mandati, in materia sia di coesione che di convergenza, ad investire in sanità, istruzione, rinnovamento urbano, ambiente urbano, tecnologie "verdi" e sostegno finanziario alle PMI e alle nuove start-up ad alta tecnologia, nonché nelle reti transeuropee di trasporti e comunicazioni. 5.8 Dal 1997 ad oggi la BEI è riuscita a quadruplicare il volume annuo di finanziamenti per investimenti, portandolo a un livello pari ai due terzi delle risorse proprie della Commissione. Quadruplicando ancora questi importi entro il 2020, anche grazie al cofinanziamento derivante dagli investimenti in Eurobond da parte di banche centrali e fondi sovrani di paesi con economie eccedentarie, potrebbe tradurre in realtà il Programma europeo di ripresa economica. Ciò è tanto più vero in quanto è provato che l'effetto moltiplicatore degli investimenti è pari a tre, ed è quindi doppio o triplo rispetto a quello dei moltiplicatori fiscali .
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