Debiti pubblici e debiti bancari nell'eurozona
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Di fronte a una crisi bancaria gli aiuti di Stato sono ammessi in acuni paesi (per esempio, la Germania) e vietati in altri. Lo strano caso delle quattro banche italiane. Si tratta di un semplice caso di schizofrenia tra politiche macro e politiche microeconomiche, o di un braccio di ferro tra chi vuole salvare l’euro “whatever it takes” e di chi vuole farlo saltare in aria? Da un lato abbiamo il Quantitative Easing di Draghi, che inietta decine e decine di miliardi di euro nel circuito finanziario, dall’altro una Commissione europea che discute accanitamente su ridicole percentuali di deficit, mentre il piano d’investimenti di Juncker procede con la velocità di una tartaruga. Nel frattempo l’European Banking Authority (EBA) richiede continui aumenti di capitale proprio da parte delle banche e la direttiva Bank Recovery and Resolution Directive (BRRD) rende più costoso il reperimento di capitale da parte delle banche. Partiamo dalla BRRD: si stabilisce che azionisti, obbligazionisti e depositanti oltre i 100.000 euro dovranno sopportare perdite nel caso di crisi della propria banca. L’obiettivo, spiegherebbe qualunque economista, è quello di evitare l’azzardo morale, cioè l’assunzione di rischi eccessivi da parte del management bancario. Vi è un ben noto precedente. Merkel e Sarkozy durante una passeggiata, il 19 ottobre 2010 a Deauville dichiararono che i sottoscrittori di debito pubblico dovevano pagare la loro parte, in caso di default. I tassi di interesse italiani e spagnoli iniziarono ad impennarsi e i cittadini dei due paesi impararono il significato della parola spread. Paul De Grauwe scrisse (10 maggio 2011) un articolo su Vox “Managing a fragile Eurozone”, nel quale faceva notare come il Regno Unito, pur avendo deficit e debito più alti della Spagna, avevano tassi d’interessi più bassi. La ragione è perché dietro il debito pubblico britannico c’è la Banca d’Inghilterra, mentre dietro il debito spagnolo non c’è la BCE. Non furono le misure d’austerità prese in Italia ed in Spagna a far scendere fino ai livelli attuali i tassi d’interesse, ma la famosa dichiarazione di Draghi del luglio 2012. Da notare che BCE e Commissione permisero che le banche francesi e tedesche, piene di titoli greci, recuperassero i loro investimenti, e solo dopo avvenne un parziale default. Anche nel caso delle banche irlandesi fu imposto il salvataggio a carico dei contribuenti irlandesi, salvando le banche britanniche creditrici (il debito pubblico passò in tre anni da 42,4 a 109,3). A quella stessa data vi era stato un intervento pubblico di circa 1 miliardo in Italia, ora recuperato. Ma negli ultimi giorni la crisi di quattro piccole banche del centro Italia ha visto la Commissione nel ruolo di attenta guardiana dei contribuenti italiani. Infatti la proposta italiana di salvaguardare i sottoscrittori di obbligazioni subordinate (340 milioni su 12 miliardi di creditori – depositanti o obbligazionisti non subordinati - il 2,8%) è stata respinta dalla Commissione. Che l’intervento del Fondo Interbancario (formato col capitale delle banche) costituisca un aiuto di Stato è cosa piuttosto misteriosa. Forse il fatto che si tratta di un fondo obbligatorio? Forse il fatto che vi siede un rappresentante della Banca d’Italia? Un importante politico italiano, Giulio Andreotti (crocevia tra Vaticano e mafia) diceva che a pensare male si commette peccato ma si indovina. Il pensiero è che l’atteggiamento particolarmente rigido verso l’Italia dipenda dal tentativo di colpire il paese che, per il suo alto debito pubblico, può scatenare la crisi dell’euro. Può essere interessante sapere che i circa 10.000 sottoscrittori di obbligazioni sono costituiti per metà dai dipendenti stessi delle quattro banche, e per metà da normali depositanti, spesso persone anziane. E’ molto probabile che questi ultimi fossero nella totale ignoranza sul rischio che assumevano; forse erano attratti dal tasso di rendimento più alto, e sicuramente dalle rassicuranti parole dei funzionari bancari. Ma per i dipendenti il discorso è diverso; essi non potevano ignorare i rischi, ed erano sicuramente a conoscenza dei gravi problemi delle banche per cui lavoravano. Piuttosto, di buon grado o no, hanno accettato il suggerimento (o ricatto) per cui “se vuoi salvare il posto di lavoro sottoscrivi le obbligazioni”. La BRRD può anche essere una misura ragionevole, se applicata ai nuovi creditori dal 2016 in avanti, o, se proprio si vuole accelerare i tempi, obbligando tutte le banche ad informare i clienti dei rischi che si corrono con le obbligazioni subordinate o i depositi oltre i 100.000 euro e procedendo alle modifiche richieste dai clienti stessi. Ruggero Paladini
Economist - Professor of "Scienza delle Finanze" at University "La Sapienza" Roma; Member of the Economic Board of Insight - ruggero.paladini@uniroma1.it |