Daniele Manacorda, “Il triangolo virtuoso"

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Daniele MANACORDA, “Il triangolo virtuoso – Tre parole chiave per l’archeologia”, Carocci Editore, Roma, 2024, pp. 135.

claudio salone

24 aprile

Non so se in qualche istituto universitario venga impartito l’insegnamento di “filosofia dell’archeologia”. Se così fosse, questo - solo in apparenza - “libretto” di Daniele Manacorda dovrebbe essere inserito tra i testi fondamentali di riferimento.

Riprendendo e approfondendo una parte di quanto già detto in precedenti pubblicazioni, qui si ragiona sullo statuto epistemologico dell’archeologia, della quale si rivendica a buon diritto l’approccio “attuale” allo studio del passato, che fa del dialogo “aperto” con i materiali i suoi fulcri. Già in premessa (p.10) si dice infatti che “la valorizzazione del passato [...] è anch’essa una lunga restituzione di senso, che agisce nell’attualità, mai definitiva.”

Il solido costrutto filosofico del libro sta dunque nel suo voler non già ritracciare uno schema “manualistico” predefinito, capace di render ragione senza residui di una disciplina, bensì nel voler mettere al centro dell’indagine il contesto e la relazione, concetti per se sempre cangianti, nello spazio (sopra-sotto) e nel tempo (prima-dopo), che vanno sempre reciprocamente ridefiniti.

Nel primo capitolo (p.11), si dice che l’archeologia “ci propone una delle forme più fantastiche di vivere il tempo, che scorre sempre mutevole in uno spazio che tuttavia persiste”. Si riaffaccia qui quello sguardo “volumetrico” su passato e presente, magistralmente analizzato e sviluppato dall’Autore in “Roma, il racconto di due città”, del 2022, che ci restituisce la complessità del nostro rapporto con la storia nella sua materialità (suggestiva la citazione da A. Carandini dell’archeologo che “reidrata” un fiore disseccato, anche se, nell’ottica di questo libro, appare riduttiva, in quanto presuppone un fiore, una realtà preesistente da reidratare. Realtà che invece si definisce nel corso stesso dell’indagine).

Questo modo di leggere la storia nello spazio e nel tempo ha peraltro suscitato in me un’ulteriore riflessione: e se non fosse il tempo a essere mutevole, bensì lo spazio? In questo senso l’archeologia non farebbe dunque “parlare i morti” (p. 13), ma darebbe voce ai vivi, nostri simili che vivono in altri spazi, così come suggerito dai magnifici montaggi fotografici di Sergej Larenkov riportati nel libro.

Torniamo al testo. Il titolo è tanto accattivante quanto volutamente allusivo. Il triangolo (figura intrinsecamente evocativa quant’altra mai nella nostra cultura, da Platone alla Trinità, alla dialettica hegeliana, fino a Dumézil) entro il quale si vuole racchiudere il senso della pratica archeologica, ha l’ambizione di proporre un paradigma valido non solo per l’archeologia, ma per ogni altra indagine che voglia esplorare il cammino dell’umanità.

Le tre “categorie”, sintetizzabili in “materia (tecnologia)”, “forma (tipologia)”, “tempo (stratigrafia)”, appaiono come momenti di un moto circolare continuo, che le pone in costante relazione reciproca, consentendo a chi le usa di mettersi sulle difficili e spesso oscure tracce del senso.

Non si offenda l’Autore se in questa impostazione ho rinvenuto echi della filosofia crociana dei distinti - qui non quattro, ma tre -  laddove questa, pur riferendosi all’attività dello Spirito, sostiene il libero movimento del pensiero, senza dogmatismi, né finalismi o certezze di individuare un “progresso” unidirezionale della storia. Di qui anche l’universalità, così come Manacorda ce lo presenta, di un paradigma gnoseologico applicabile alla preistoria come all’altro ieri: “Il triangolo virtuoso può operare anche al di fuori di un contesto di ricerca archeologica.” (p.106).

Nel cap. 2 (p. 31) si spiega la natura “virtuosa” del triangolo, “capace di condurre l’archeologo dalle paludi dell’impressione alle strade, magari impervie, ma fruttuose dell’interpretazione”. Emerge qui con chiarezza la dialettica dell’approccio triadico, che, attraverso il metodo, “ha tenuto assieme le tante diverse archeologie”. Correttamente, alla fine del capitolo si sottolinea tuttavia come l’archeologia delle epoche storiche, ovvero quelle in cui sono stati prodotti dei testi scritti, non può limitarsi all’esercizio del triangolo virtuoso, ma debba quantomeno avere “la curiosità di guardare oltre il proprio lussureggiante orticello.” (p.35).

Nei successivi capp. 3 (“Tecnologia”), 4 (“Tipologia”) e 5 (“Stratigrafia”) si percorrono i tre lati (o angoli) del “triangolo virtuoso”, con dovizia di esempi e di illustrazioni, che sviluppano molto efficacemente temi e questioni anche complesse e non familiari a chi non sia cultore della materia e che consentono allo studente agli inizi dei suoi studi archeologici di delinearne un perimetro chiaro, intrinsecamente multi-, pluri- e inter- disciplinare, per usare una terminologia un po’ vecchiotta, ma ancora efficace. In forma piana e pregnante al tempo stesso, si forniscono così punti di riferimento basilari per chi voglia cominciare la carriera di archeologo, sottraendola alla fascinazione - alla “Indiana Jones” - di una disciplina che insegue tesori che, come tali, giacciono sepolti e non attendono altro che di essere riportati alla luce.

Nel 6 capitolo (“Rapporti reciproci”) si torna al cuore del libro, l’interconnessione delle parti che, dall’asse del sintagma (tecnologia, tipologia), si collegano a quello del paradigma (successione stratigrafica). Si passa cioè dall’archeografia (descrizione) all’archeologia (interpretazione): “solo da questo intreccio ‘a tre capi’ trae vigore la ‘fune’ che indirizza e sostiene il passaggio dall’archeografia all’archeologia.” (p. 87).

All’inizio del 7 capitolo una citazione tratta da A.Carandini (La forza del contesto, Bari, 2017) accenna a un altro “triangolo”, quello costituito dalla storia dell’arte, dall’antiquaria e dalla triade manacordiana, qui sussunta nel termine “filologia delle cose” e nel primo paragrafo introduce la topografia (corologia, non corografia!) come ulteriore elemento ineludibile, che tuttavia non inficia la validità del triangolo virtuoso, il quale semmai trova in essa la sua necessaria cornice (archeologia del paesaggio).

Il capitolo 8, (“Al di là del triangolo: il poliedro”) apre ulteriormente la prospettiva, riconfermando gli intenti non definitori del libro, che ha voluto consapevolmente affrontare solo “i primi tre passi” dell’intreccio, lasciando da parte “l’approfondimento degli aspetti culturali, e quindi storici, che orientano e veicolano l’interpretazione archeologica.” (p. 119).  

Particolarmente efficace il paragrafo 8,1, “Il ruolo degli indizi. Qui si sottolinea e si esemplifica la differenza tra indizio e dato, laddove il secondo “funziona” solo se si fa indizio, ovverosia si mette in relazione con altri dati e dà vita a un’ipotesi interpretativa. Molto azzeccati in questo senso gli esempi tratti dalla vexata quaestio della originaria autenticità della Lupa Capitolina e dal rinvenimento dei Bronzi di Riace.

Nel successivo paragrafo, “Opportunità e rischi” si sottolinea ancora una volta il rischio di una visione unilaterale di fenomeni intrinsecamente complessi, nel tempo e nello spazio. I tre rischi qui individuati sono, se sintetizzo correttamente, quelli del classicismo (assolutizzazione del secondo lato del triangolo, la forma), quelli dell’archeologismo (assolutizzazione del terzo lato, il tempo, la diacronia), il tecnicismo (assolutizzazione del primo lato, la materia, la tecnologia).

Nel paragrafo conclusivo (8.3, “Scienza, archeologia, storia”), si ribadisce il senso ultimo dell’intero libro: “La storia è un poliedro pieno di sfaccettature: è impossibile racchiuderla nel campo visivo di un unico cannocchiale” (p. 129).

Uno itinere non potest perveniri ad tam grande secretum, verrebbe da dire con le parole di Simmaco (Relatio III, 10) a me particolarmente care.

Una lezione di libertà, di curiosità, di ascolto e di dialogo.

Daniele Manacorda, “Il triangolo virtuoso – Tre parole chiave per l’archeologia”, Carocci Editore, Roma, 2024, pp. 135.

  
  
Claudio Salone

Professor of ancient literatures, Rome - https://claudiosalone39.wordpress.com/