C’è una strategia del capitale?
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In Europa, non esistendo una destra estrema, il "Washington Consensus” è stato imposto ai paesi debitori, creando un ambiente in cui i governi di sinistra (Grecia e Spagna) sono stati vittime della crisi finanziaria e sostituiti da governi di destra. Considerando i recenti sviluppi dell’economia mondiale, viene alla mente una domanda. Possiamo scorgere in essi una strategia? Stiamo vedendo dei movimenti che sono indipendenti l’uno dall’altro, o riusciamo a identificare una qualche strategia? Possiamo identificare dei movimenti che siano dei trend ben definiti, che potrebbero anche essere chiamati strutturali, e cioè, elementi che durano nel tempo? Può essere che siamo in una situazione in cui eventi anche molto diversi fra loro sembrano indicare quasi una serie di obiettivi comuni. Questa strategia economica, se così si può chiamare, è accompagnata e sostenuta da un forte movimento politico, che si muove ormai da anni nella stessa direzione, per influenzare la pubblica opinione, e per convincere la gente sulle due sponde dell’Atlantico dell’importanza degli obiettivi perseguiti dal capitale. Un movimento politico di estrema destra è stato creato per appoggiare e rinforzare i movimenti del capitale. Chiunque abbia qualcosa da dire sull’economia e sulla finanza è sotto pressione perché approvi e sostenga un certo numero di assiomi che non hanno nessuna base nella scienza economica, ma devono essere accettate come la base fondamentale della società moderna. Poiché in Europa non esiste una destra estrema, il "Washington Consensus” è stato proposto, e imposto con la forza, ai paesi debitori, creando un ambiente in cui i governi di sinistra (Grecia e Spagna) sono stati vittime della crisi finanziaria e sono stati sostituiti da governi di destra che promettono di seguire il Washington Consensus. In più, la struttura centrale dell’Europa Unita, che non risponde agli elettori, è assolutamente convinta del “Consensus, ” e i suoi punti principali sono presentati ai paesi debitori, come modo di uscire da tutte le loro difficoltà, che, naturalmente, vengono da tutt’altra origine. Cioè, i paesi debitori devono raccogliere il denaro per pagare i crescenti tassi di interesse sul loro debito, riducendo allo stesso tempo la domanda dei consumatori, e quindi la capacità del paese di pagare i debiti. Guardiamo la struttura generale di questa strategia. Il primo elemento da considerare è la finanziarizzazione dell’economia, che ha creato dal nulla nuove opportunità di profitto, ed ha fatto sì che il prezzo della materia prima di base, il petrolio, dipenda dalla speculazione sul “mercato dei futuri”. Questo prezzo è cresciuto molto rapidamente negli ultimi anni, nonostante il rallentamento della domanda di petrolio nei paesi maturi, come l’Europa, ma è stato sostenuto dalla domanda dei paesi emergenti, India e Cina. I profitti più alti si fanno nei paesi che crescono, non in quelli ormai maturi. Secondo, un’enorme massa di denaro si muove verso i paesi emergenti da quelli maturi. Le cifre totali del flusso di capitali sono state confermate, anzi, leggermente aumentate, nel 2012, dall’Istituto per la Finanza Internazionale, nel suo documento del 25 Settembre rispetto a quello del primo Giugno: rimangono sul livello del trilione di dollari, e il leggero aumento sembra significare che il massiccio movimento di capitali sta diventando un fattore stabile dell’economia internazionale. Questi giganteschi movimenti hanno un obiettivo molto semplice, la massimizzazione del reddito del capitalista. I paesi emergenti hanno tassi di interesse più alti dei paesi maturi, ed anche più alti tassi di profitto. Parte del capitale che esce dagli Stati Uniti sembra originare dal denaro offerto dal Tesoro Americano nel tentativo di far riprendere l’economia americana, nella speranza che quel denaro sia investito negli USA. Nello stesso tempo, si è sviluppato il tentativo di aumentare il tasso di interesse pagato sul debito di alcuni paesi Europei. La crisi finanziaria dell’Europa nasce da questo tentativo, giustificato dalla mancanza di fiducia nell’economia di alcuni paesi Europei, e forse, anche dal desiderio di ridurre il livello dell’Euro nei confronti del dollaro. L’esportazione di capitale e la pressione per aumentare il tasso di interesse del debito europeo derivano dalla mancanza di fiducia nell’economia Europea , ma anche in quella Americana. Gli investimenti non danno sufficienti profitti in Europa e in America, e gli investitori cercano paesi, dove i profitti siano alti. In Europa, ciò ha preso l’aspetto di un’aggressione ai paesi più deboli dell’area dell’Euro. L’obiettivo comune di una maggiore resa del capitale viene anche perseguito con strumenti differenti, e in particolare con una piattaforma politica. Possiamo noi considerare la situazione come il risultato di strategie dei gruppi che controllano il capitale, e hanno quindi gli strumenti per aumentare il reddito che esso produce? C’è, chiaramente, una strategia a due livelli, quello dell’economia internazionale, e quello della politica. Questi gruppi non hanno nessuna ricetta per gestire efficacemente l’economia degli Stati Uniti, o quella Europea. Essi hanno, però, la ricetta per far sì che il denaro dia un maggior interesse a coloro che lo posseggono. Non c’è, naturalmente, nessun comitato segreto dove i ricchi e i potenti decidono cosa fare e come spiegarlo al resto del mondo. C’è, tuttavia, fra i ricchi un forte legame, il comune desiderio di fare più denaro oggi di quello che si fece ieri, senza alcuna considerazione al fatto che la distribuzione del reddito sembra muoversi alla rovescia, verso una situazione simile a quella del Diciannovesimo secolo, in cui tutto il denaro era nelle mani di una singola classe di persone, che considerava totalmente irrilevante chiunque non appartenesse a essa. Marcello Colitti
Economist. He was President of Enichem. His last book is "Etica e politica di Baruch Spinoza". Member of the Editorial Board of Insight |