Berlusconi è ineleggibile

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La ineleggibilità di un azionista di rilievo di una società concessionaria non può essere considerata in alcun senso una "interpretazione estensiva" della legge.

In un articolo sul Sole-24 Ore di domenica 26 maggio 2013 (Ineleggibilità e Democrazia dei Partiti: Le ragioni legali che i saggi non svelano) Giuliano Amato aggiunge la sua voce a quella di persone come Valerio Onida, Luciano Violante, e ora perfino del nuovo leader del PD, Gugliemo Epifani, che si oppongono alla ineleggibilità in Parlamento di Silvio Berlusconi, che molti invece sostengono a causa del suo conflitto di interesse in qualità di beneficiario di concessioni TV economicamente significative da parte dello Stato.

L'eminente giurista e uomo di stato respinge l'argomento usato invece da altri, che la regola del testo unico elettorale del 1957, su cui l'ineleggibilità si baserebbe, è lì da decenni e, non avendola applicata per vent`anni, non si può cominciare a farlo ora. "Bisogna ammettere - scrive Amato - che, se di questo soltanto si trattasse, potrebbe aver ragione chi ha detto che è come se un serial killer non condannato per i primi sei omicidi dovesse essere assolto una volta che lo si becca dopo il settimo. Il fatto si è che la legge in questione è bene diversa da quella che inequivocabilmente condanna per omicidio chiunque uccida qualcun altro al di fuori di ogni esimente."

E infatti il testo della legge, tuttora vigente, dichiara non eleggibili, fra gli altri, "coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese risultino vincolati con lo Stato per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica...".  Amato conclude - come ha già fatto Valerio Onida, ex-Presidente della Corte Costituzionale e uno dei dieci "Saggi" di Napolitano - che "... se questa è la norma del caso, c`è poco fare: Silvio Berlusconi non è il rappresentante legale della società vincolata con lo Stato eccetera eccetera." Certo, egli "... ne è l`azionista principale, il boss, l`ideatore e il regista." Ma per la nostra Costituzione "vige il principio, non contestato da nessuno, che le norme limitative di diritti non si devono interpretare in via estensiva e il principio vale per i poveri disgraziati come per i Berlusconi. In caso contrario, all`ostilità per le leggi ad personam si accompagnerebbe una singolare predilezione per le interpretazioni ad personam. Ha avuto perciò le sue ragioni, non politiche ma legali, il Parlamento che ha interpretato quell`articolo in conformità al suo significato letterale, sono le stesse ragioni che sorreggono quell`interpretazione anche oggi, e chi voleva che Berlusconi diventasse ineleggibile avrebbe dovuto far approvare gli emendamenti, ripetutamente presentati, per estendere l'ineleggibilità oltre ì rappresentanti legali. Ma ciò non è accaduto." 

Amato premette che in questo suo articolo egli dà "sfogo alla sua anima di giurista". Allo stesso modo, mi si consenta di dare sfogo alla mia "anima di economista" su questo stesso tema.

Un azionista che possieda una quota del 100% delle azioni di una società che goda di una concessione di Stato di notevole entità economica è letteralmente indistinguibile, a tutti gli effetti, da una persona che goda della stessa concessione "in proprio". L'applicazione della ineleggibilità a tale azionista al 100% non violerebbe né lo spirito né la lettera della legge.

Nell'altro caso limite per cui la legge decreta l'esistenza di conflitto di interesse e la relativa ineleggibilità, il rappresentante legale di una società che gode della stessa concessione dello Stato avrà un interesse in quella concessione molto ridotto rispetto a quello di un azionista al 100%, e quindi un conflitto di interessi corrispondentemente ridotto. Infatti tale rappresentante legale beneficerebbe di tale concessione soltanto se, e nella misura in cui, il suo compenso fosse in qualche modo legato al contributo della concessione alla profittabilità della società. Ciò potrebbe avvenire, per esempio, mediante una compartecipazione ai profitti o l'allocazione di azioni/opzioni della società a condizioni favorevoli. Diciamo che il rappresentante legale della società ha un conflitto di interessi con lo Stato equivalente a quello di un azionista che possegga una quota di x% delle azioni della società, dove quell'x% può essere e normalmente è una frazione relativamente modesta delle azioni della società in questione.

La posizione di un azionista di rilievo in una società che goda di una concessione dello Stato di notevole entità economica è chiaramente intermedia fra quella di un concessionario "in proprio" (o di un azionista al 100% nella società concessionaria) e quella di un rappresentante legale il cui beneficio è una piccola frazione della profittabilità della concessione. Di conseguenza la ineleggibilità di un azionista di rilievo di una società concessionaria non può essere considerata in alcun senso una "interpretazione estensiva" di una regola ad una categoria di soggetti diversi da quelli per cui la regola era originariamente intesa, violando la Costituzione. Si tratterebbe invece di una "interpretazione  inclusiva" che applica la stessa regola non solo ai casi estremi espressamente contemplati dalla legge ma anche ai casi intermedi fra questi casi estremi. E' come se una legge che punisce l'assassino seriale che uccide o ferisce le sue vittime sparandogli venisse applicata anche all'assassino seriale che invece ricorre allo strangolamento.

Qualcuno potrebbe considerare la mia argomentazione come casuistica, o forse un pò gesuitica.  Ma chiunque eventualmente lo pensasse dovrebbe riflettere che esattamente la stessa critica può essere rivolta contro una interpretazione letterale della regola di ineleggibilità, che trascura e trivializza il macroscopico conflitto di interesse di cui Silvio Berlusconi ha goduto per gli ultimi venti anni.

D. Mario Nuti

Professor Emeritus, Sapienza University of Rome. Member of the Editorial Board of INSIGHT - dmarionuti@gmail.com.
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